Il 28 ottobre 1958 Roncalli infatti fu eletto Papa dal Conclave e scelse il nome di Giovanni XXIII, venendo incoronato il 4 novembre successivo 261mo Pontefice Romano.
Aveva adottato il nome di un Antipapa del XIV secolo, Baldassarre Cossa. Per il primo Natale da papa, Giovanni XXIII visitò e benedisse i bambini malati dell’ospedale romano Bambin Gesù, alcuni dei quali furono talmente sorpresi che lo scambiarono per Babbo Natale. Il giorno successivo, memoria liturgica di santo Stefano, visitò i detenuti nel carcere romano di Regina Coeli, dicendo loro: “Non potete venire da me, così io vengo da voi… Dunque eccomi qua, sono venuto, m’avete visto; ho messo i miei occhi nei vostri occhi, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore…”.
Il pontificato di Giovanni XXIII è stato contrassegnato da vari fondamentali punti: innanzitutto per l’ecumenismo della Chiesa Universale, e per aver indetto il fondamentale Concilio Vaticano II e la riforma del rito romano. Il venerdì Santo del 1959, Roncalli senza alcun preavviso, diede ordine di rimuovere dalla preghiera Pro Judaeis, che veniva recitata in quel giorno durante la liturgia solenne, l’aggettivo che definiva “perfidi” gli Ebrei.
Questo gesto fu considerato un primo passo verso il riavvicinamento tra le due religioni monoteiste. Il 4 ottobre 1962, a una settimana dall’inizio del Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII si recò in pellegrinaggio a Loreto ed Assisi per affidare le sorti dell’imminente Concilio alla Madonna e a San Francesco, Roncalli era dall’età di 14 anni terziario francescano. Per la prima volta dall’Unità d’ Italia un Papa uscì dai confini di Roma e dintorni. Il breve tragitto costituì l’esempio di papa pellegrino che fu poi seguito dai suoi successori.
Nella cultura popolare è rimasto famoso il suo discorso della luna che essendo stato pronunciato l’11 ottobre 1962, mi raggiunse poppante felice in svezzamento ad otto mesi dalla mia nascita. Non ho naturalmente ricordi del discorso, ma l’ho riascoltato tante volte. Ricordo invece che avevamo in casa un piatto in ceramica con l’effige ed il volto di Giovanni XXIII. Una notte il gancio a cui il piatto era attaccato cedette e l’oggetto fragile, di ceramica fine, nonostante fosse caduto da una bella altezza rimase integro, non subì alcun danno né si scalfì.
Mia madre mi ha raccontato con grande enfasi tante volte quest’episodio e lo riteneva molto singolare. Papa Giovanni XXIII inoltre risolse una delle crisi più acute che il Mondo abbia vissuto dopo la 2a GM: la crisi dei missili di Cuba. Con grande abilità diplomatica, arte in cui eccelleva, riuscì a far trovare un accordo tra il Presidente John F. Kennedy e l’allora Segretario dell’Unione Sovietica Nikita Chruščëv.
Vi erano state molte iniziative a mano a mano che la crisi cresceva, ma non avevano portato a nulla. Non sono ancora pubblici gli atti diplomatici compiuti per la pace dalla diplomazia vaticana, ma certamente vi fu un appoggio dato dal governo italiano, Amintore Fanfani all’epoca Presidente del Consiglio e da Ettore Bernabei suo uomo di fiducia a New York. Resta curioso il fatto, scrive Marco Roncalli, nipote e biografo di Giovanni XXIII, che non si registrarono reazioni positive negli Stati Cattolici all’appello papale alla pace, mentre l’ateo Chruščëv non ebbe esitazioni nel ringraziare il Papa e nel sottolineare il suo ruolo primario per la risoluzione della crisi che aveva portato il mondo sull’abisso.
Una situazione molto similare a quella che stiamo vivendo nell’attualità della crisi tra la Russia in conflitto in Ucraina e la NATO. Il 7 marzo 1963 tra lo stupore generale, il Papa concesse udienza a Rada Chruščёva, figlia del Segretario Generale del PCUS Nikita Chriščëv e a suo marito Alexei Adžubej: essi gli riportarono l’apprezzamento del leader sovietico per le iniziative del papa in favore della pace, lasciando intendere la disponibilità per lo stabilimento di relazioni diplomatiche tra il Vaticano e l’Unione Sovietica.
Nella sua risposta Giovanni XXIII evidenziò la necessità di procedere per tappe in tale direzione, temendo che altrimenti un tale passo, se troppo affrettato, non sarebbe stato compreso dall’opinione pubblica. Vanno poi citate le stesure di 7 importanti encicliche di Giovanni XXIII (1958-1963):
- Ad Petri Cathedram (29 giugno 1959): conoscenza della verità, restaurazione dell’unità e della pace nella carità.
- Sacerdotii Nostri Primordia (1° agosto 1959): nel centenario del piissimo transito del Santo Curato d’ Ars.
- Grata Recordatio (26 settembre 1959): sulla recita del Rosario per le missioni e per la pace.
- Princeps Pastorum (28 novembre 1959): sulle missioni cattoliche.
- Mater et Magistra (15 maggio 1961): sui recenti sviluppi della questione sociale.
- Aeterna Dei Sapientia (11 novembre 1961): nel XV centenario della morte di san Leone Magno.
- Paenitentiam Agere (1° luglio 1962): invito a far penitenza per il buon esito del concilio.
- Pacem in Terris (11 aprile 1963): sulla pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia, nell’amore e nella libertà.
Tutte le Encicliche, ma in particolare l’ultima “Pacem in Terris “divenuta nel tempo una pietra miliare, furono il frutto di un intenso lavoro di ricerca di esperti con il coordinamento del suo Segretario Monsignor Loris Capovilla, scomparso ultracentenario, di recente nel 2016, dopo aver
ricevuto la berretta cardinalizia.
Il Professor Alberto Melloni e Agostino Giovagnoli esperti vaticanisti che ho conosciuto ed apprezzato per la loro acuta preparazione sostengono a ragione che nell’Enciclica, il Pontefice si rivolge a «tutti gli uomini di buona volontà» credenti e non credenti, perché la Chiesa deve guardare ad un mondo senza confini e senza “blocchi”, e non appartiene né all’Occidente né all’Oriente. «Cerchino, tutte le nazioni, tutte le comunità politiche, il dialogo, il negoziato». Bisogna ricercare ciò che unisce, tralasciando ciò che divide.
La Pacem in Terris non è un «messaggio utopistico, culturalmente neutro», è un messaggio di speranza per combattere la paura dell’avvenire ed è un inestimabile patrimonio etico – culturale, che permette di guardare con occhi rinnovati alla Chiesa e alla sua missione pastorale e di scorgere «l’evoluzione verso una nuova, migliore umanità». Il contenuto dell’Enciclica è di una assoluta modernità ed attualità.
Giovanni XXIII si spense alle 19:49 del 3 giugno 1963, all’età di 81 anni, a causa di un tumore allo stomaco, mentre in piazza San Pietro volgeva al termine una messa di preghiera. Giovanni XXIII fu dichiarato beato da Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000. Inizialmente fu stabilita come data della sua ricorrenza il 3 giugno giorno della sua morte. A seguito della canonizzazione, è stata stabilita come unica data a livello universale l’11 ottobre, anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962).
In generale, ai fini della beatificazione, la Chiesa Cattolica ritiene necessario un miracolo: nel caso di Giovanni XXIII, ha ritenuto miracolosa la guarigione improvvisa, avvenuta a Napoli il 25 maggio 1966, di suor Caterina Capitani, delle Figlie della carità, affetta da una gastrite ulcerosa emorragica gravissima che l’aveva ridotta in fin di vita. La suora, dopo aver pregato papa Giovanni XXIII insieme con le consorelle, avrebbe avuto una sua visione, seguita dalla subitanea guarigione, dichiarata in seguito scientificamente inspiegabile dalla Consulta medica della Congregazione delle cause dei santi.
Dal 2000 numerose sono state le segnalazioni e i presunti miracoli. Papa Francesco ha firmato il decreto per la contemporanea canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II la cui cerimonia di canonizzazione è avvenuta il 27 aprile 2014, prescindendo dai risultati del processo indetto dalla congregazione competente per la veridicità del secondo miracolo.
Alla cerimonia in piazza San Pietro, celebrata da Papa Francesco alla presenza del Papa emerito Benedetto XVI e di ventiquattro capi di Stato, otto vicecapi, dieci capi di governo e 122 delegazioni straniere, hanno partecipato circa un milione di fedeli, mentre sono state stimate in due miliardi le persone che hanno seguito l’evento in mondovisione.
Giovanni XXIII è comunemente soprannominato il “Papa buono”. L’attribuzione di tale appellativo si è palesata in particolare nel corso della visita del pontefice alla parrocchia di San Tarcisio al Quarto Miglio, a Roma, la domenica delle Palme del 17 marzo 1963.
In piena campagna elettorale, i segretari dei partiti decisero all’unanimità di eliminare gli striscioni elettorali e di sostituirli con grandi lenzuoli su cui spiccava la dicitura «Evviva il papa buono».
Il regista Pier Paolo Pasolini, nel 1964 dedicò il suo film capolavoro “il Vangelo secondo Matteo” alla cara, lieta e familiare memoria di Giovanni XXIII. Il regista Ermanno Olmi, nel 1965, ha sceneggiato e diretto il film “E venne un uomo” che racconta la storia della vita di papa Giovanni XXIII, conterraneo del regista bergamasco.
Il protagonista del film è Rod Steiger che interpreta la vita del pontefice senza impersonarlo in prima persona. Il regista utilizzò attori non professionisti nella parte di alcune figure caratteristiche della vita giovanile di Roncalli. Come è possibile vedere e capire è complesso cercare di descrivere sinteticamente un pontificato, ho cercato di fare il mio meglio, tenuto conto che non ho ricordi personali di questo Sommo Pontefice.
Devo dire che ho letto molto su Angelo Roncalli e sono sempre rimasto colpito dalla figura del Papa Buono e dalle sue vicende biografiche, sono sicuramente indiscutibili le sue doti e la straordinaria capacità di adattamento e sono sempre rimasto colpito dalla forza che ebbe nel superare tante complicate situazioni che riguardavano complessi scenari internazionali. Aveva un’incredibile capacità di relazione e di mediazione ed una volontà ferrea, tipica dei bergamaschi. Ho visitato ultimamente Bergamo, ero curioso di rivedere la bella città che già conoscevo dopo la tempesta del Covid.
Aiutato nella visita dal carissimo amico Dottor Gabriele Giorgio Bani, valente e preparatissimo neurochirurgo che in quei luoghi vive da anni, ex alunno del collegio militare di Napoli, sapiente conoscitore della sua città e delle sue infinite storie, fine conoscitore d’arte e di bellezza.
Abbiamo rivisto così insieme Bergamo alta e bassa e molte sue principali attrazioni, il leone di San Marco che campeggia sulle mura, lo stesso dello stemma papale scelto da Angelo Roncalli e devo dire che ancora si percepisce ed è molto viva e palpabile la memoria e la grande presenza spirituale e bonaria di questa carismatica figura che è stato il Papa della mia tenera infanzia: Giovanni Vigesimoterzo.