La Walt Disney Corporation festeggia quest’anno il secolo di vita, un traguardo invidiabile per qualunque impresa privata. A maggior ragione, è un evento eccezionale per un’impresa culturale, poiché davvero poche aziende o conglomerati mediatici possono vantare la stessa capacità di portare avanti così a lungo e profittevolmente una narrazione che sia in consonanza con i valori delle proprie audience obiettivo.
È indubbio infatti che Walt Disney, partendo dalle umili origini di ragazzo di campagna, che per un misto di talento e fortuna ha creato un impero, abbia rappresentato nell’ultimo secolo il riferimento dell’immaginario collettivo occidentale, specie di quello infantile.
Di Walt Disney ci si è sempre fidati, come di uno zio affidabile, sempre pronto a raccontare ai nostri bambini storie piene di valori, che li intrattenessero, li divertissero ed allo stesso tempo li educassero ad essere degli adulti migliori. Per le generazioni di padri e figli che sono cresciute insieme all’azienda, il film di Natale della Disney rappresentava un momento atteso di meraviglia e sorriso, proprio come l’arrivo a casa del suddetto zio, che invece di pacchetti infiocchettati portava nelle mani una nuova storia da mettere da parte e a cui ricorrere nei momenti difficili della vita. Si cresceva con un’intima speranza ed ottimismo nei confronti del futuro, quella che solo un’infanzia spensierata e felice può donare a ciascuno di noi.
Nell’ultimo decennio, invece, prima generando una certa perplessità, e poi assumendo caratteristiche sempre più disorientanti, la narrazione portata avanti dalla Disney ha cominciato a cambiare carattere. Lo zio affidabile ha iniziato a portare ai bambini favole diverse, che trasmettono messaggi differenti, e tendono a crescere un diverso tipo di adulti.
L’ultimo esempio è quello della rivisitazione in live action di una delle icone della Disney, Biancaneve e i 7 nani. Quello che emerge dalle prime visioni e recensioni di questo nuovo film è certamente molto diverso rispetto alla favola piena di buoni sentimenti, basata sulla ricerca dell’amore, sul prestarsi sostegno reciproco, sull’educare a comportamenti diversi chi sia preda unicamente dei propri istinti.
Fermo restando che sarà il botteghino a giudicare – come per altre rivisitazioni – se questa versione piacerà o no, capiamo qual è il messaggio di questo film.
Biancaneve, salvati da sola, perché sei bella, brava, indipendente e non hai bisogno di nessuno. Puoi farcela da sola contro le avversità del mondo. E non sognarti di cercare il vero amore, perché si sa, l’amore non ha portato mai nulla di buono. Vivrai e morirai sola, e indipendente, certo, ma sola, beandoti di quanto non hai bisogno di nessuno, fino a quando la strega nello specchio delle tue brame non sarai tu.
E tu, principe, non preoccuparti di essere bello, bravo, buono e virtuoso. Non c’è nessuno da proteggere, nessuno da salvare, nessuno cui fare scudo a costo della vita. Fatti i fatti tuoi, niente responsabilità, che tanto sei ricco e hai pure il cavallo bianco, e morta una Biancaneve, ne troverai un’altra ed un’altra ancora da buttare via dopo che ti sei stufato. Famiglia? Ma quale famiglia? Caspita, tu hai un castello…
E i sette nani? Ah, senza Biancaneve che li spinga a migliorarsi, i sette nani possono continuare a lavorare in miniera, vivere da scapoli, tenere casa un macello e bere birra e ruttare mentre guardano il calcio in tv.
Indubbiamente, un bel messaggio da dare a bambini e bambine in crescita. Ognuno farà ovviamente le sue scelte, ma del vecchio zio Walt, personalmente, non mi fido più.