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NEURALINK: SOGNO O REALTÀ?

di Andrea Aparo von Flüe
04/01/2023
in SCENARI
NEURALINK: SOGNO O REALTÀ?
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TE LO LEGGO IO

Neuralink. Fondata nel 2016 da Elon Musk e da un gruppo di ingegneri. Obiettivo dichiarato la messa a punto di un chip cerebrale da impiantare all’interno del cranio. Risultato sperato: aiutare soggetti con disabilità comunicativa o visiva a comunicare e vedere di nuovo.

Questo chip, o meglio un calcolatore su un singolo chip di silicio, riceve, elabora e trasmette segnali neurali che possono essere trasmessi a dispositivi esterni come un personal computer o altro dispositivo digitale.

Così facendo, la persona portatrice di handicap è in grado di controllare un mouse, una tastiera o altre funzioni del computer, utilizzando i propri pensieri.

“Il primo prodotto Neuralink consentirà a qualcuno con paralisi di utilizzare uno smartphone con la mente più velocemente di qualcuno che usa i pollici”, ha dichiarato Musk nell’aprile 2021.

Neuralink ritiene inoltre che il suo dispositivo, in una fase successiva di sviluppo, sarà in grado di ripristinare collegamenti neurali all’interno del corpo, interrotti per cause traumatiche o conseguenza di affezioni, consentendo a chi ha lesioni al midollo spinale di muovere gli arti.

L’azienda, sede a San Francisco, California e Austin, Texas, aspira anche a curare patologie neurologiche come l’Alzheimer e la demenza.

Al solito, Musk si spaccia come grande pioniere e innovatore quando, in realtà ha investito una cifra per lui modesta -si parla di 160 milioni di dollari- e sta lavorando per dimostrare una tecnologia che esiste da almeno cinque anni se non vari decenni Dichiara, in modo roboante, che Neuralink curerà di tutto, dalla depressione all’ansia, alle lesioni spinali. A dire il vero, la vera rivoluzione compiuta da Musk è quella di convincere la gente che sta facendo qualcosa che va ben oltre quanto di già conosciuto. Trattasi di semplice frode. Al solito.

Divertente notare che in un mondo dove la gente non si vaccina contro il Covid perché convinta che sia il pretesto per Bill Gates e la Microsoft di iniettarci microprocessori più o meno maligni, ci siano comunque così tante persone interessate a farsi implantare un microprocessore.

Il mondo è bello perché vario. Fosse anche un pochino più intelligente non guasterebbe di certo.

Sia ben chiaro. Le biotecnologie digitali sono di grande fascino e hanno implicazioni molto importanti. Come accennato, sono anni che sono oggetto di attività, molto serie, di ricerca.

Sono anni che si mettono a punto interfacce cervello-computer (BCI, Brain Computer Interface) per ridare mobilità e indipendenza a soggetti paralizzati. Un lavoro di ricerca del 2012 ha consentito a due pazienti tetraplegici di controllare un braccio robotizzato dopo avere impiantato un dispositivo delle dimensioni di un’aspirina nella loro corteccia cerebrale. Nel 2017 pazienti affetti da Locked-in Syndrome, in italiano sindrome del chiavistello, (nota anche come disconnessione cerebromedullospinale, stato de-efferentato, pseudocoma, o sindrome ventrale pontina, condizione nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi oppure comunicare, a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo), sono stati in grado comunicare, rispondendo a domande Sì o No, leggendo le loro onde cerebrali.

Ridurre però l’attività del cervello a dei segnali elettrici è un errore grave. Il cervello è costituito da miliardi di cellule, per non parlare dei processi meccanici e chimici coinvolti. Scommettere, come fa Neuralink, su un dispositivo che misura l’attività elettrica di un ridicolo numero di neuroni può sembrare un azzardo eccesivo. Tuttavia, pur essendo vero che essere in grado di interfacciare un grande numero di neuroni è il sacro Graal per scienziati e elettrofisiologi, con solo 30 neuroni si è in grado di controllare con precisione il cursore su uno schermo o una protesi robotizzata

Il dispositivo della Neuralink consiste in un microprocessore dotato di una dozzina di microcavi da collegare al cervello mediante piccoli fori praticati nella scatola cranica, che trasmettono all’esterno l’informazione rilevata. L’interfaccia cervello-computer (BCI, Brain Computer Interface) Neuralink consiste in circa 3000 elettrodi collegati a fili del diametro di un capello umano, in grado di monitorare circa 1000 neuroni.

Neuralink ha anche messo a punto il robot chirurgico in grado di trapanare nei punti opportuni il cranio, per poi inserire gli elettrodi nel cervello. Interessante notare che lo sviluppo è stato pagato dal DARPA, Defense Advanced Research Projects Agency, del dipartimento della difesa USA. Chissà come mai…

Con la prontezza che lo distingue, Elon Musk ha subito risposto a una tale critica. Ovviamente con un tweet: “Sfortunatamente è comune per molti nel mondo accademico sopravalutare le idee e sottovalutare la loro realizzazione pratica. Per esempio, l’idea di andare sulla Luna è triviale, ma andare sulla Luna è difficile.” (30.8.2020)

Ovviamente dice sciocchezze. Nessuno ha mai affermato che andare sulla Luna sia triviale. Si tratta di una magnifica e fantastica idea capace di alimentare miti e leggende.

Da ammirare, con leggera preoccupazione, la certezza del Signor Musk di essere in grado di risolvere quello che è forse il problema più intrattabile delle neuroscienze. Confondendo il potenziale di un’idea con la realtà.

Confusione che genera illusioni e grandi disillusioni.

Trovare soluzioni senza affrontare le possibili conseguenze è garanzia di grossi guai. Neuralink si ripromette di mettere a punto applicazioni per persone in ottimo stato di salute. Parla di un futuro di “cognitività sovraumana”, dove le persone controlleranno smartphone, la loro casa intelligente, non importa quale dispositivo digitale, POS compreso con buona pace di chi protegge le transazioni in contanti, senza toccarli, semplicemente pensando di farlo. Il primo passo per arrivare alla simbiosi con l’intelligenza artificiale.

Potremo farci implantare un microcomputer nel cranio che legge emozioni, reazioni, pulsioni. Un dispositivo in grado di sapere tutto di noi, forse più di quanto sappiamo noi di noi stessi. Che fine farà la privacy? Che certezze avremo di non essere “hackerati” da qualcuno o qualcosa nel prossimo futuro? In caso, quanto saremo responsabili delle nostre azioni?

Sia ben chiaro. La tecnologia in uso ha grosse limitazioni. In primo luogo la durata. Le cellule muoiono. I neuroni possono essere danneggiati nel connetterli con gli elettrodi. Non è facile interfacciare un elettrodo rigido con un tessuto molle. Vero che Neuralink sta sviluppano degli elettrodi flessibili, ma essi comunque degradano nel tempo. Per ora non si superano i 60 giorni.

Non è ben chiaro come il sistema di Neuralink sia in grado di tradurre l’attività cerebrale o come esso sia in grado di stimolare le cellule del cervello. Di certo si ha a che fare con un’azienda con neuroscienziati e ingegneri di primissimo valore. Solo il tempo sarà in grado di dire se saranno in grado di ottenere i fantascientifici risultati raccontati da Elon Musk.

Già, Signor Musk, sicuro che investire 160 milioni di dollari per un’applicazione industriale prima di avere, non dico risolto, ma almeno discusso gli aspetti etici sia cosa saggia? Se la stessa somma lei l’avesse investita in progetti di ricerca di base, non avrebbe, forse, ottenuto risultati migliori?

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Andrea Aparo von Flüe

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