È già la seconda volta che una delegazione americana e cinese si incontrano per parlare di tariffe, e delle attuali limitazioni sulle esportazioni ed importazioni tra i due Paesi; in particolare per ciò che riguarda le “Terre rare”. Il primo incontro è avvenuto a Ginevra il 10 maggio tra la delegazione americana guidata dal segretario del Tesoro Scott Bessent, e quella cinese rappresentata dal vicepremier He Lifeng. Il secondo è avvenuto a Londra esattamente un mese dopo, il 10 giugno. La notizia ha avuto un eco limitato visti gli accadimenti bellici del Medio Oriente, il programma di riarmo europeo che assorbe anch’esso molto del dibattito sui media, e le vicende in Ucraina. Ma in realtà la questione delle “Terre rare” è il nodo cruciale con cui le economie di tutti i Paesi industrializzati si devono confrontare per sostenere il loro sviluppo economico e tecnologico e dunque per non diventare irrilevanti nel panorama mondiale; quindi, parliamo di una questione esistenziale.
Quando si parla di “Terre rare” si vuole indicare tutta una serie di minerali che si trovano in natura, e che si estraggono dal suolo; con opportune lavorazioni permettono la costruzione e la produzione di beni che le nazioni industrializzate usano in vari settori.
Cosa si produce con questi materiali? Spesso si crede che servano quasi esclusivamente all’industria bellica e della Difesa. Mentre è assolutamente vero che il settore della Difesa non può funzionare senza di essi, è altrettanto limitativo indicare questo come l’unico settore per cui le terre rare sono indispensabili. Cellulari, computer, schermi delle tv, macchine fotografiche, automobili, turbine, laser, apparati medici, fibre ottiche, raffinazione del petrolio e suoi derivati; questa è una lista del tutto incompleta, ma che credo renda bene l’idea di come questi elementi siano così cruciali. Ad essi possiamo aggiungerne altri come ad esempio l’uranio che, pur non facendo strettamente parte delle “terre rare” è tornato alla ribalta per le sue applicazioni in campo civile e militare.
Ma perché questi materiali sono rari? In realtà alcuni di essi sono diffusi in molte parti della Terra, anche se talvolta in modo disomogeneo ed in quantità che ne rendono difficile e costosa l’estrazione e la successiva lavorazione. In altri casi sono concentrati solo in alcune zone e le Nazioni che le posseggono ne diventano monopolisti: proprio come per il petrolio.
Per sfortuna dei Paesi occidentali, la Cina è diventata nel giro di pochi anni il maggior produttore di “terre rare”, sia perché il suo sottosuolo ne è ricco, ma anche perché il governo cinese ha investito molti soldi nell’aperture di queste miniere e per la lavorazione dei minerali estratti.
Nelle economie “strettamente” capitalistiche, se una attività diventa troppo costosa ed in perdita la si tende ad eliminare per non aggravare i bilanci con “negatività” troppo pesanti da sopportare. In una economia come quella cinese, che è diventata un misto tra capitalismo e statalismo, lo Stato, se individua un settore cruciale per la crescita economica del Paese e comunque strategico per esso stesso, investe anche se in perdita, per poter garantire lo sviluppo e la produzione di beni indispensabili.
Facciamo un esempio.
La Cina, oggi, rappresenta circa il 60% della produzione mineraria mondiale e il 90% della produzione di magneti permanenti e trasformati. Cosa servono i magneti? I magneti che la Cina produce in larga quantità sono principalmente magneti in neodimio-ferro-boro (NdFeB), noti anche come magneti in terre rare. Questi magneti sono ampiamente utilizzati in diverse applicazioni, tra cui motori elettrici, turbine eoliche, elettronica di consumo e dispositivi medici, a causa della loro elevata forza magnetica. Facile capire che, se la Cina decide di bloccare l’esportazione di magneti verso l’occidente (USA e Europa) in ritorsione alle tariffe ed ai dazi applicati contro i prodotti cinesi oppure in risposta al blocco di esportazione di prodotti tecnologici come, ad esempio, i macchinari per la produzione di microchips, si intuisce subito il perché delle riunioni a Ginevra e Londra.
Qualche anno fa l’approvvigionamento verso le industrie occidentali di questi materiali preziosi era così abbondante che le scorte si misuravano in mesi. Oggi le scorte disponibili si misurano, in alcuni casi, in due o tre giorni.
L’Uranio è un altro minerale che è balzato al centro dell’interesse mondiale. Se ne è parlato molto in questi ultimi giorni per i suoi impieghi militari, ma in realtà la maggiore richiesta è per scopi civili: le centrali nucleari. Stiamo diventando una società sempre più energivora e la necessità d’approvvigionarsi di energia elettrica a buon mercato sta diventando una delle grandi priorità. Ecco perché Trump ha firmato un provvedimento che prevede la costruzione di nuove centrali nucleari. Ma la Cina già oggi costruisce centrali nucleari più efficienti, più economiche (fino a 7 volte più bassi i costi) e dispone di Uranio in grande quantità. L’altro grande produttore di Uranio è la Russia che, come noto, è molto più vicino alla Cina che non all’Occidente. Lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che piaccia o no, determinerà la supremazia o meno dell’economia di una nazione; l’IA però necessita di molta energia a buon mercato. Chi non riuscirà a procurarsela sarà fuori dai giochi e finirà per diventare marginale nel risiko mondiale.
Non è mai troppo tardi per stabilire delle corrette priorità per una Nazione: Trump se n’è reso conto, ed ecco perché questi colloqui sono di una importanza strategica per il futuro americano. Che riescano ad andare in porto come Trump spera è tutto da vedere. Ma intanto si sono seduti ad un tavolo. Noi europei invece, siamo al palo. Il via è stato dato e noi siamo rimasti ai blocchi di partenza. Ci balocchiamo tra fantomatiche minacce militari, nuovi nemici, e politiche di riarmo che non hanno moto senso nemmeno se le si volessero considerare come un incentivo economico; per quanto appena detto, larga parte di questa spesa andrà a beneficio dei grandi produttori statunitensi. Sempre che riescano ad approvvigionarsi di queste ormai famose ed indispensabili “Terre Rare”.