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I “TROJAN” POSSONO DIVENTARE UN BUSINESS PER IL CRIMINE ORGANIZZATO

Umberto Rapetto di Umberto Rapetto
03/03/2020
in EDITORIALI
I “TROJAN” POSSONO DIVENTARE UN BUSINESS PER IL CRIMINE ORGANIZZATO
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“Porca Trojan!” si lascerà scappare qualcuno al pensiero che si torni sull’argomento. Siccome “melius est abundare quam deficere”, riprendiamo il discorso.
E’ opportuno, forse indispensabile, saperne di più. E non è semplice questione di curiosità, ma necessità di generare anticorpi culturali che sono fondamentali in un’epoca in cui sembra non bastare l’invisibile dittatura di Amazon, Google, Facebook & C.
Tutti si trincerano dietro all’emergenza virale. L’informazione è monopolizzata dalla cronaca di contagi, decessi e (fortunatamente) guarigioni, da commenti di improbabili opinionisti, da consigli pratici preventivi affidati a virologi del calibro di Barbara D’Urso che – meno male! – ha spiegato agli italiani come ci si lava le mani, da previsioni catastrofiche che nemmeno “l’ottimismo è il profumo della vita” dell’indimenticabile Tonino Guerra riuscirebbe a capovolgere.
In un clima di ipnosi crescente, credo sia necessario pensare anche alla salute dei diritti civili e della democrazia.
Anche la libertà è problema di sanità pubblica, perché – se mai le si potesse fare il tampone o misurare la temperatura – le sue condizioni cliniche imporrebbero senza dubbio iniziative non procrastinabili.
La legittimazione di determinate metodologie investigative ha innescato una evidente “domanda” sul mercato, solleticando gli appetiti degli imprenditori del settore dell’innovazione ma anche quelli del crimine organizzato sempre pronto ad afferrare al volo avvincenti occasioni di profitto.
Un manager (dimentichiamoci lo stereotipo del boss con la coppola) delle più industrializzate associazioni a delinquere sa di poter contare sulla committenza delle Procure della Repubblica all’affannata caccia di soluzioni tecnologiche idonee ad accelerare il perseguimento degli obiettivi di Giustizia.
La creazione di una software house mirata e competitiva non richiede grossi sacrifici alla mafia o alla ‘ndrangheta. Il momento, poi, è particolarmente favorevole per l’abbondanza di imprese decotte pronte ad abbassare la saracinesca e di straordinari professionisti lasciati a casa dalla “riorganizzazione aziendale” che in un periodo di crisi permette impietose epurazioni.
Il prodotto, confezionato per essere ragionevolmente “adottabile” dall’Autorità Giudiziaria sul territorio, potrà non corrispondere a quel che si profila all’acquirente o a chi opta per il noleggio di certi sistemi.
Il “trojan” potrebbe risultare inaffidabile (e “risultare” è improprio, visto che probabilmente mai nessuno si accorgerà di nulla) e tenere comportamenti difformi rispetto le aspettative di chi lo ha comprato e le caratteristiche tecniche dichiarate su depliant, brochure e slide da videoproiettore.
Il trojan – sappiamo o lo stiamo imparando – prende il controllo dello smartphone o del computer della persona sottoposta ad indagine, consentendo tra l’altro (e non è dato conoscere la vastità del cosiddetto “altro”) di copiare quanto memorizzato e di acquisire conversazioni in voce e corrispondenza via mail e in chat.
Il “malloppo” viene spedito ad un archivio elettronico che affianca i faldoni delle investigazioni “tradizionali”. Il trasferimento si concretizza nel passaggio telematico di file dal dispositivo “target” (cioè preso di mira) ed un server sicuro a disposizione della Procura operante.
Il software in questione, però, potrebbe anche mandare (complice una specie di carta carbone virtuale) le medesime informazioni anche ad un altro sistema informatico governato dall’azienda produttrice per un reimpiego diretto o su commissione.
Qualcuno è pronto ad alzare un dito e a dire che un simile traffico anomalo di dati non passerebbe inosservato, ma dimentica che l’unico punto in cui è possibile rilevare un incremento dei flussi di trasferimento delle informazioni non è nelle mani del magistrato ma in quelle dell’ignaro (si spera) bersaglio della “captazione informatica”. Il tizio non si accorgerà di nulla e il trojan (nel rispetto della mitologia dei film di spie) distruggerà ogni traccia…
E’ fin troppo ovvio che il fornitore non consegnerà mai i “codici sorgente” del proprio software, giustificato dal timore che prima o poi qualcuno ne riesca a carpire le istruzioni fuoriuscite dal ben protetto perimetro del contesto in cui sono state sviluppate. Al pari di uno chef – geloso delle prelibate ricette e dei relativi ingredienti e dosaggi – nessuno metterebbe in gioco il frutto dei sacrifici dell’attività di ricerca per la realizzazione di un siffatto programma.
In ogni caso, poi, il committente non sarebbe in grado di eviscerare il software per individuare e rimuovere eventuali bocconi avvelenati.
La stessa fase di “inoculazione” è affidata ai tecnici del produttore del trojan, che hanno quindi visibilità sull’identificazione anagrafica dei destinatari dello “scherzetto”…
Chi lavora per l’azienda di software in questione è affidabile? Oppure è un vecchio lupo di mare, avvezzo alle burrasche della vita, magari con le cicatrici di un licenziamento ingiusto o di un mancato pagamento degli emolumenti spettanti?
Non è da escludere che chi ha messo il proprio ingegno nello sviluppo del trojan abbia interesse a cautelarsi, magari piazzando qui e là una “backdoor”. Backdoor? Sì, parliamo della possibilità di predisporre invisibili “ingressi sul retro” con cui accedere non solo per più agevoli operazioni di manutenzione e miglioramento del software. In parole povere, non è da escludere che l’indagato più sfigato debba fare i conti con la Procura, con la software house e con il dipendente animato da spirito di revenche.
Interrompiamo la chiacchierata per non fare indigestione di timori e di assilli. Abbiamo perso (o comunque stiamo perdendo) l’abitudine a pensare, quasi le risposte fossero davvero già pronte e basti un motore di ricerca online per trovare sempre quelle giuste.

Torniamo presto sull’argomento. Giusto il tempo per digerire il mattone di oggi.

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Umberto Rapetto

Umberto Rapetto

Segno zodiacale Leone, maturità classica alla Scuola Militare Nunziatella di Napoli, laurea in Giurisprudenza e in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Trieste e in Scienze della Sicurezza Economica e Finanziaria all’Università di Roma Tor Vergata, generale della Guardia di Finanza in congedo, già comandante del GAT Nucleo Speciale Frodi Telematiche, docente universitario e giornalista, è stato consigliere strategico del Presidente di Telecom Italia Franco Bernabè e poi Group Senior Vice President con delega alle Iniziative e ai Progetti Speciali del colosso nazionale delle comunicazioni da cui è uscito in totale divergenza con le scelte aziendali. Paracadutista e istruttore di tiro rapido, è stato il pioniere delle investigazioni tecnologiche. Protagonista di indagini che rappresentano vere e proprie pietre miliari della lotta al cybercrime, tra cui la cattura degli hacker entrati nel Pentagono e nella NASA nel 2001 e il recupero dei dati del naufragio della Costa Concordia, ha guidato le indagini – svolte su delega della Corte dei Conti – inerenti la mancata connessione delle slot machine al sistema dell’Anagrafe Tributaria con un miliardario danno per l’Erario. Quest’ultima attività investigativa ha determinato il suo trasferimento alla frequenza di un corso al Centro Alti Studi Difesa dove era docente da sedici anni e la pianificata rimozione lo ha indotto a rassegnare le dimissioni dopo ben 11 interrogazioni parlamentari sull’assoluta inopportunità di un suo trasferimento ad altro incarico. In GdF ha prestato servizio – tra l’altro – al Comando Generale, al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e al Nucleo Speciale Investigativo ed è stato direttore del Progetto Intersettoriale “Sicurezza Informatica e delle Reti” all’Autorità per l’Informatica nella P.A. Ha svolto attività di docenza universitaria negli Atenei di Genova, Pisa, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Roma Tre, Trento, Chieti/Pescara, Teramo, Parma, Palermo, Macerata, LUMSA di Roma, Cattolica del Sacro Cuore alla sede di Piacenza, LINK Campus – University of Malta – Roma, “LUM – Jean Monnet” di Bari, LIUC di Castellanza. Relatore e chairman in convegni nazionali ed internazionali in materia di criminalità economica e tecnologica, in ambito istituzionale svolge e ha svolto attività di docenza presso la NATO School di Oberammergau (D), le Scuole di Addestramento delle strutture di intelligence, il Centro Interforze di Formazione Intelligence e Guerra Elettronica dello Stato Maggiore Difesa, la Direzione Corsi di Elettronica ed Informatica di SMD, la Scuola di Guerra, il Centro Alti Studi della Difesa, l’Istituto Superiore Stati Maggiori Interforze ISSMI, la Scuola di Perfezionamento delle Forze di Polizia, la Scuola Tecnica della Polizia di Stato, l’Istituto Superiore di Polizia, la Scuola di Polizia Giudiziaria Amministrativa e Investigativa di Pescara, l’Accademia della Guardia di Finanza, la Scuola di Polizia Tributaria, la Scuola Sottufficiali della GdF, l’Accademia Navale, l’Accademia della polizia rumena. Come free-lance ha svolto attività didattica presso il Centro di Management ISVOR-FIAT, la Scuola Superiore G. Reiss Romoli (poi Telecom Italia Learning Service) del Gruppo Telecom, l’Istituto di Informatica Direzionale IBM, l’IRI Management, l’Istituto Nazionale di Formazione Aziendale INFORMA, CEIDA, Paradigma, SOMEDIA La Repubblica, CEGOS, il Centro di Formazione Il Sole 24 ORE. Consigliere del Presidente pro tempore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), prof. Fabio Pistella, per la sicurezza tecnologica, e in materia di protezione dei dati e dei sistemi informatici dei Presidenti Pippo Ranci e Sandro Ortis all’Autorithy per l’Energia, è stato anche consulente delle Procure presso i Tribunali di Roma, Viterbo, Grosseto, Cosenza, Palermo, Massa, Pescara e Paola, della Commissione Parlamentare diinchiesta sull’AIMA, del Comitato Usura, estorsioni e riciclaggio nell’ambito della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari, della Commissione d’inchiesta sull’Affare Telekom Serbia. E’ stato rappresentante e relatore per le rispettive delegazioni italiane in Interpol a Lyon (F), in NSG a Paris (F) e Berlin (D), in MTCR a Munich (D), in Comunità Europea a Strasbourg (F) e a Bruxelles (B), in Europol a Den Haag (NL). Già membro onorario dell’Associazione Italiana di Psicologia Investigativa e dell’Association for Certified Fraud Examiners (ACFE), è certificato “Security Advisor” EUCIP Champion (European Certification for Informatics Professionals). Autore di oltre 50 libri, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1990, ha collaborato con i più importanti quotidiani e periodici nazionali ed è una delle firme de Il Sole 24 ORE e de Il Fatto Quotidiano e del settimanale OGGI. Attualmente è CEO della start-up HKAO – Human Knowledge As Opportunity operante nello scenario della sicurezza dei sistemi e delle reti, della riservatezza dei dati e del controspionaggio industriale con attività di consulenza, coaching, progettazione, formazione. E’ Presidente della Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali della Repubblica di San Marino (Authority di cui è stato Vice Presidente dall’aprile 2019 al gennaio 2022).

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