La deportazione di 600 mila persone è stata considerata al pari di un banale trasloco, dove tra le tante cose da spostare c’erano famiglie e affetti.
Per semplificare la complessa attività il signor Benjamin Netanyahu ha pensato di demolire il centro abitato così da ridurre la merce da ricollocare altrove e di sfoltire la popolazione in maniera da aver meno soggetti da sistemare.
Il signor Bibi ha una laurea in architettura e un master al MIT in Business Management e quindi di certe cose se ne intende. A dispetto di chi pensava che sapesse solo distruggere, il personaggio almeno scolasticamente sa anche costruire e trarre profitto dalle speculazioni edilizie.
Se qualcuno nutre comprensibili dubbi sul suo buon gusto, va ammesso che è sicuramente persona molto ricercata, almeno dalla Corte di Giustizia Internazionale.
Il sogno della Riviera di Gaza nasce quindi sotto i migliori auspici pur mancando ancora un planning della commercializzazione di piadine che costituisce uno dei pezzi forti delle attività costiere dell’Adriatico.
Il signor Netanyahu non vuole lasciare nulla al caso e per prevedere una soluzione operativa curata fino al minimo dettaglio ha ritenuto affidare la progettazione delle iniziative alla società di consulenza in cui ha iniziato la sua carriera professionale post-universitaria.
Come si legge nel curriculum ufficiale dell’indiscusso e al contempo discutibile leader israeliano, documento che si può consultare in formato PDF sul sito del Governo di Tel Aviv, Bibi ha lavorato per la rinomata azienda “Boston Consulting Group”, dove al sedicesimo piano ha conosciuto e stretto amicizia con quel Mitt Romney che sfidò Obama nella corsa alla Casa Bianca e che viene ricordato per aver guadagnato una fortuna con la start-up assicurativa Endurance Specialty Holdings a ridosso dell’11 Settembre sfruttando la corrente ascensionale di profitto generato da quella immane disgrazia.
Certe amicizie a volte sono profonde ispiratrici e la prima esperienza lavorativa (come il primo amore) non si dimentica mai. Forse è per questo motivo che il supporto per l’ambiziosa realizzazione del forzato esodo biblico dei palestinesi Bibi lo è andato a cercare proprio in Boston Consulting.
Il coinvolgimento di questa realtà leader della consulenza manageriale diciamo che non è passato inosservato, ma – si sa – l’invidia è difficile da tenere a freno. Le malelingue si sono subito scatenate, chi per lamentare di non essere stato preso in considerazione per il perseguimento di un così importante obiettivo, chi invece per deplorare il cinismo di chi si è messo all’opera per prevedere ogni dettaglio della deportazione e della concatenata bonifica di quelle aree così faticosamente tramutate in briciole di cemento e condite con il sangue di decine di migliaia di innocenti.
Sono in molti a voler conoscere la villosità toracica di chi si è impegnato nel progetto: è difficile, infatti, trovare gente con un simile pelo sullo stomaco. Qualcuno si è chiesto se l’ipertricosi è titolo preferenziale per essere assunti in Boston Consulting e l’insistente curiosità del pubblico più disparato ha dato fastidio persino a Christoph Schweitzer, il gran capo di tale gruppo.
Il numero uno di Boston Consulting dice di aver licenziato chi ha diretto il progetto e di aver avviato una indagine interna per garantire che certe cose non si ripetano. Il problema è che quel minuzioso studio è stato fatto e il signor Schweitzer non può raccontarci che una simile attività non era nota a lui e al resto del management…
Si dichiara profondamente dispiaciuto. Viene in mente “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola e la scena dell’infermiere Antonio interpretato da Nino Manfredi.
“Mi dispiace. Gli dispiace. Le dispiace. E io, eccome qua. Ma essi si dispiaceno…”
Eh già, Schwitzer si dispiace. E quanto si “dispiaceno” i mancati rivieraschi bambini di Gaza?