Colomba o piccione parassita e predatore?
Dire pace è facile per chi non vuole la guerra, ma anche per chi la prepara e pure chi la fa. Farla, o far fare la pace, non è, invece, cosa di ore o di giorni e, quando se ne invoca una giusta e duratura, ci vuole l’onestà di riconoscere che, se è frutto di resa del perdente, i piatti della bilancia della giustizia penderanno a favore dell’altro contendente il vincitore. Buono o cattivo che sia stato.
Altrimenti, se proposta da un mediatore, richiederà necessariamente sacrifici e rinunce da una parte e dall’altra. E si può rinunciare solo dopo aver ben valutato pro e contro, perché quei piatti siano poi in equilibrio.
Il quasi aut aut di Trump a Putin il giorno nel quale, in san Pietro, parlava con Zelensky, è perciò solo tappa di un cammino che, come quello di Santiago o la Francigena, tocca anche altre genti e popoli, per rivelarsi poi bianca colomba o indesiderato…piccione.
Erasmo da Rotterdam, grande genio dell’Umanesimo, nell’Elogio della pazzia, “il più brillante e famoso dei suoi serissimi scherzi”, considerò la guerra uno dei tanti momenti assurdi dell’umana esistenza, nella quale la follia è norma e motore, contrapposta alla saggezza che invece “intristisce e paralizza” (C. Carena 1987).
Più tardi, in vista della pace di Cambrai, scrisse la Querela pacis, il lamento della pace “scacciata e respinta da ogni dove….Se io fossi la pace, esaltata da déi e uomini come sorgente di ogni bene, mentre la guerra si presenta come l’oceano di tutte le sventure… chi può ritenere che esseri umani si adoperino con tante macchinazioni, astuzie, affanni, a scacciarmi?”.
Per Erasmo, che scriveva nel 1516, l’uomo è stato creato “inerme e debole, comunque malsicuro in mancanza di accordo e reciproca assistenza”. Allora, “se la pace ti sembrerà comportare qualche ingiustizia, guardati dal pensare: ci perdo; bensì: così acquisto la pace”.
Si dice ancora pace, ma nel mondo le guerre sono più di cinquanta.
A san Pietro i capi di Stato si sono incontrati per una cerimonia religiosa, ma le guerre maggiori avvengono nella terra di Cristo, la Palestina, con il popolo eletto dal Dio degli ebrei e dei cristiani e cristiani sono, pur essi, gli ucraini e i loro aggressori, i russi benedetti dal patriarca Kirill con accanto Putin col cero pasquale.
Si fa presto a dire pace nei parlamenti e nelle chiese, ma, intanto, ci si arma molto più che in passato.
Il SIPRI, l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma – che ha calcolato un aumento del 10% dallo scorso anno della spesa militare mondiale- spiega che non si tratta solo di armi per fronteggiare le guerre in corso ma per prepararsi a nuovi conflitti, giudicati evidentemente possibili.
In questa situazione, come aspettarsi che alle parole, pur pronunciate all’unisono, seguano con immediatezza i fatti?
Quanto lontani i tempi in cui le Banche decidevano di limitare i finanziamenti alle industrie delle armi, anche quelle di difesa individuale, a seguito di un’interrogazione parlamentare o delle marce per la pace? Quanto hanno contato quelle, pur così partecipate, da Perugia ad Assisi?
Si discute della misura di filoamericanismo nel sangue degli europei e la politica dibatte.
Intanto, l’industria bellica sotto stress per l’overdose di domanda non può prescindere dal legame tra le due sponde dell’Oceano.
Ha detto a Il Tempo, Giuseppe Cossiga presidente dell’AIAD, la Federazione delle imprese italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (incarico che fu anche dell’attuale ministro della Difesa Guido Crosetto): “Il rapporto con gli Stati Uniti è strutturale. In tantissimi sistemi che chiamiamo europei o italiani ci sono componenti critiche che vengono dagli USA e noi sì, siamo partners ed amici degli americani, ma anche dipendenti dalla loro supply chain”.
Chiaro. Sarà anche un fatto di comune “civiltà occidentale”, ma il primum vivere, in materia, sovrasta e molto il deinde philosophare.
Conclude Cossiga:”Se non maturiamo la consapevolezza di ciò che sta accadendo, se la politica non trova il coraggio di raccontare la realtà e spiegare la necessità degli investimenti in difesa, i fatti ci travolgeranno”.
Si fa davvero presto a dire Pace e, in giro…colombe o piccioni?