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“INTERCETTAZIONI TELEMATICHE” COMPRENSIBILI PER LA “SCIURA MARIA” E L’AFFAIRE PARAGON

Tommaso Palombo di Tommaso Palombo
11/02/2025
in TECNOLOGIA
“INTERCETTAZIONI TELEMATICHE” COMPRENSIBILI PER LA “SCIURA MARIA” E L’AFFAIRE PARAGON
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TE LO LEGGO IO

La genericità del termine intercettazioni ha da sempre creato confusioni e fraintendimenti, sfruttati ad arte dagli attori che, a vario titolo, tendono a calcare questo palcoscenico.
A maggior ragione, quando si parla di un settore ancora più complesso e delicato, come quello delle “intercettazioni telematiche”, come vengono indicate nella asettica nomenclatura ministeriale, quelle che nel comune immaginario vengono definite con parole come TROIAN, RAT ed altre, evocando l’attività di incappucciati Hacker che nell’ombra entrano nei computer e nei telefonini delle persone.
Cerchiamo, evitando di essere troppo soporiferi, di fare un minimo di chiarezza ad appannaggio di quella che, in gergo giornalistico, è definita: la sciura Maria, ovvero l’utente medio, che non ha alcuna conoscenza della tematica e che spesso è fuorviata dalla sola lettura dei titoli di giornali che, come noto, devono solo colpire l’immaginazione del lettore, per carpirne l’attenzione, non riscontrando completamente il contenuto dell’articolo.
Le intercettazioni, in senso stretto, almeno in Italia, sono legalmente autorizzabili solo da un Magistrato che nell’ambito di un procedimento penale, ne ravveda la necessità, per poter procedere con le attività di indagini. Quindi il Magistrato, a mezzo di un decreto, autorizza la Polizia Giudiziaria, supportata da una Società di servizi tecnici, accreditata nella Procura della Repubblica di riferimento, ad effettuare tutte quelle azioni necessarie a che gli operatori di Polizia Giudiziaria, incaricati dal magistrato, e sottolineo solo loro, possano effettuare tutti gli ascolti o quant’altro necessario.
Quindi pur essendo imprescindibile l’intervento di un soggetto privato, che peraltro deve essere nominato “ausiliario di PG”, per essere sottoposto a tutti i vincoli di riservatezza previsti per la stessa polizia giudiziaria, le sue attività si limitano all’effettuazione dei soli interventi tecnici necessari a dare corso alla richiesta del magistrato, lasciando alle forze di polizia incaricate, l’effettuazione degli ascolti e quant’altro necessario.
Passando a trattare direttamente le intercettazioni telematiche, queste hanno bisogno oltre che di personale tecnico altamente specializzato, anche per la sola parte di infezione del target dell’utente da intercettare, di strumenti e software particolari, a loro volta sviluppati e manutenuti da tecnici con elevate e specifiche professionalità, che devono essere inoculati nel PC o nello smartphone della persona oggetto dell’indagine, possibilmente senza lasciare tracce evidentissime e superando tutte le protezioni utilizzate.
Per quanto riguarda il software da inoculare, negli ultimi anni, il Ministero della Giustizia, per il tramite delle Procure della Repubblica, ha emanato tutta una serie di prescrizioni che tendono a poter controllare in modo specifico che oltre ad essere di proprietà della società incaricata, sia perché si possa essere certi che i “sorgenti” non abbiano bug (errori del software) o back door (porte di accesso nascoste) imputabili ad altri, sia perché sussistano tutta una serie di opzioni che, criptando i dati, facciano sì che solo chi è effettivamente autorizzato, possa venire a conoscenza delle informazioni acquisite, oltre ad evitare, con opportune registrazione – log in -, di tutte le operazioni che vengono effettuate, che si possano scaricare dati dal target sotto osservazione o, ancor peggio, caricare dati estranei nel target, in modo nascosto.
Analizzando le vicende attualmente alla ribalta dell’opinione pubblica, relative all’affaire Paragon, ammesso e non concesso, che l’origine delle intercettazioni sia italiana, è tecnicamente impossibile che sia connessa ad una qualsivoglia attività di polizia giudiziaria e della magistratura, perché, in base alle attuali norme, il software Paragon, non potrebbe essere fornito da alcuna delle società che operano nel settore, in quanto non di proprietà, dovrebbe essere stato acquisito dalla società israeliana, direttamente da qualche Procura, cosa praticamente impossibile, sia per i costi improponibili, tenuto conto che le società israeliane non concepiscono il meccanismo del noleggio, ma solo la vendita di licenze di utilizzo, sia per la mancanza di specifiche professionalità, nello staff delle Procure, necessarie per la gestione del software.
Ovviamente non può essere escluso che altri Enti centrali abbiano acquisito il software, anche se esistono varie perplessità che si evita di affrontare in questa sede, rimandando ad altri scritti, per evitare la realizzazione di un’opera Omerica, ma un punto di riflessione è rappresentato da una semplice considerazione: quale Ente italiano spenderebbe milioni di euro, per poi mettere a rischio, l’investimento, la reputazione e la distruzione di carriere, per intercettare Casarini o le ONG?

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Tommaso Palombo

Tommaso Palombo

Laureato in Scienze Politiche, vecchio ordinamento, dopo l’imprinting iniziale nell’Esercito dove ha prestato servizio in qualità di Ufficiale, ricoprendo diversi incarichi, ha sempre operato nel mondo della difesa, intelligence ed investigazione, dapprima nell’ambito istituzionale ed in seguito nel settore privato, pur continuando ad avere rilevanti e costanti rapporti con Enti ed Organizzazioni Pubbliche nazionali e di paesi esteri. Nel 1984 dall’Esercito è transitato nella Presidenza del Consiglio dei Ministri in Roma, entrando nell’organico del SISDE, ricoprendo ruoli nell’area della formazione, in considerazione di alcune capacità acquisite in ambito militare, ed in seguito nell’ambito operativo. Il percorso nel “Servizio” si è sviluppato all’interno di tre diverse strutture: la “Scuola di Formazione” del Personale, la “Central Security” e la “Unità Centrale Informativa ed Investigativa”. A seguire, animato dalla volontà di creare un’attività imprenditoriale autonoma, ha lasciato il “Servizio” ed è entrato a far parte della struttura di Sicurezza Industriale della Olivetti S.p.A. di Ivrea, nell’intento di avere una specifica esperienza in una strutturata organizzazione privata/aziendale, con caratteristiche organizzative ed operative necessariamente diverse dalla Sicurezza dello Stato. Durante il 1992, lasciata la Olivetti S.p.A. si è affacciato nel mondo dell’imprenditoria, fondando e dirigendo due società, attive nel settore delle consulenze, formazione per la sicurezza aziendale ed impiantistica per la sicurezza oltre all’investigazione aziendale con autorizzazioni prefettizie valide anche per la difesa penale. Dalla fine degli anni ‘90 dopo aver costituito altre realtà imprenditoriali attive nella Ricerca e Sviluppo di sistemi elettronici per l’Intelligence Pubblica è stata acquisita, nel Gruppo, una storica società attiva nel settore della fornitura di servizi e materiali di supporto tecnico per le investigazioni e la ricerca e lo sviluppo di materiali/attrezzature per le attività della Polizia Giudiziaria, con forte presenza anche in vari paesi nel mondo ed una consociata negli USA. Ha partecipato a vari progetti di formazione nell’ambito della Security Aziendale di Gruppi nazionali ed internazionali oltre a specifiche attività per Enti ed organizzazioni statali centrali nazionali e di paesi esteri. Dal 2014 è Presidente dell’Associazione I.L.I.I.A. – Italian Lawful Interception & Intelligence Association, con sede a Milano, che rappresenta 32 aziende che operano nel settore della fornitura di servizi e materiali per le intercettazioni di supporto alle attività di Polizia Giudiziaria poste in essere dalle Procure della Repubblica italiane.

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