La guerra è parte della modalità di risoluzione dei conflitti, che sono insiti nella natura umana, da che mondo è mondo. L’Europa viveva, prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, un periodo di 50 anni di pace unico nella Storia, grazie alla creazione dell’Alleanza Atlantica (NATO) e dell’accordo di mutuo soccorso (il famoso Articolo 5) che stipula, in caso di attacco, che esso sarà considerato condotto contro l’intera Alleanza. Ma le guerre, convenzionali o meno, non si sono fermate in tutto il mondo, anzi. Sono difatti scoppiati nel frattempo diversi focolai (dal 1945 sono stati circa 285), più o meno guerreggiati rispetto ai canoni tradizionali. Senza effettiva dichiarazione di guerra, come si faceva una volta, la Russia ha avviato la cosiddetta ‘operazione speciale’. Senza effettiva dichiarazione di guerra, Israele ha avviato la campagna anti terroristica contro Hamas. Ed andando indietro nel passato, ci siamo abituati a focolai più o meno estesi contro il terrorismo, dall’Iraq all’Afghanistan. L’immagine di testata parla da sola, è denominata Caoslandia – carta tratta da Limes.
Ma veniamo all’analisi di questi due ultimi eventi. In questo articolo non vogliamo schierarci, ma ragionare sui comportamenti umani e sulla prevedibilità delle crisi.
La Russia ha invaso l’Ucraina senza preavviso? L’Ucraina è completamente innocente? La verità come sempre sta sempre nel mezzo. Questo conflitto nasce da situazioni pregresse, complesse. Dissoluzione della ex URSS, basi ex sovietiche in territorio Ucraino, enclavi russofone in territorio Ucraino, invasione della Crimea, accordi violati, interessi di altre nazioni in gioco, tentativi di influenzare la politica Ucraina. C’erano tutti gli ingredienti per un conflitto, e puntuale è scoppiato. Era prevedibile? Si. Era evitabile? Si. È stato fatto di tutto per evitarlo? Evidentemente no.
Israele ha invaso Gaza senza preavviso? Hamas è completamente innocente? La verità come sempre sta sempre nel mezzo. Anche questo conflitto nasce da situazioni pregresse, complesse. L’arrivo degli arabi nel 638 nella terra chiamata Palestina dai Romani al tempo abitata da israeliani e giudei, la diaspora degli Ebrei nella seconda guerra, la risoluzione dell’ONU, la nascita dello Stato di Israele, le guerre mosse ad Israele dagli Stati vicini, la mancanza della nascita dello Stato palestinese, gli attacchi missilistici a cui Israele è sottoposta, la colonizzazione di territori che l’ONU aveva assegnato alla Palestina. C’erano tutti gli ingredienti per un conflitto, e puntuale è scoppiato. Era prevedibile? Si. Era evitabile? Si. È stato fatto di tutto per evitarlo? Evidentemente no.
In tutti i casi chi ne risente sono le popolazioni inermi, i poveri, i malati, i deboli, e chi viene coinvolto nei combattimenti. Chi ne guadagna sono coloro che ricevono finanziamenti da chi ha interesse a sostenere una parte o l’altra in conflitto.
Simili analisi sono possibili in tutti i conflitti, in tutte le guerre. Osservando i fattori chiave, è possibile prevedere se e dove ci sarà un conflitto. Non è prevedibile il come ed il quando.
Si concorderà che è utopico pensare che tutti gli uomini e quindi gli Stati/le Nazioni vivano in pace senza un organismo garante che stabilisca delle regole e abbia l’autorevolezza per farle rispettare.
Ed è altrettanto evidente che c’è una inadeguatezza degli Stati moderni a garantire in primis il bene comune universale. A nostro parere è quindi necessario sottrarre tale compito dal Consiglio di sicurezza ONU (che come si vede non riesce ad esprimersi per via dei meccanismi di veto), e stabilire invece un osservatorio internazionale permanente sui conflitti, sovranazionale, apolitico ed apartitico, con poteri di pianificazione, controllo e coercizione al rispetto dei piani concordati. Esso dovrà stabilire un tavolo permanente per ogni conflitto, riconoscere segnali chiari ed inequivocabili (come quelli su indicati nei due casi analizzati), provvedere in tempi certi e predeterminati non solo all’interposizione di forze di pace, ma a stabilire la verità documentandola, ed ad agire sulle leve principali, quelle politiche ed economiche, coinvolgendo tutti gli attori interessati sin dall’inizio, quando la crisi non è ancora profonda, e quando gli attori non sono ancora coinvolti attraverso spargimenti di sangue.