Avendo servito in una forza di polizia a competenza generale e nazionale, ricordo da giovane la sufficienza con cui ci si relazionava con i metronotte e i vigilantes privati. Li consideravamo colleghi di serie B, scarsamente addestrati e magari ben poco utili, permeabili anche a sollecitazioni che potessero incrinare la loro affidabilità.
Oggi, e nel mondo delle forze dell’ordine non se ne fa mistero, innalzamento del numero dei reati e generale peggioramento della virulenza di certe manifestazioni criminali fanno sì che anche il Ministero dell’Interno guardi con maggiore attenzione al settore, nella consapevolezza possa fornire risorse integrabili alle attività volte a difendere la convivenza civile. Sono del resto le uniche in grado di garantire il presidio fisso di un obiettivo privato, ove non sia stato inserito da una prefettura fra quelli sensibili, nel quadro delle misure contro il terrorismo.
Di recente il mondo della vigilanza privata è assurto ai fasti della cronaca – non informata esaustivamente come sovente accade – in ordine a due argomenti. Da un lato è indicato appartenere a quell’imprenditoria malsana, vampiresca, che sottopaga i propri dipendenti, dall’altro sembra essere l’ultima frontiera delle gangs di rapinatori di elevato spessore criminale-militare, capace di condurre colpi richiedenti capacità organizzative e di combattimento. Contro le quali gli stessi istituti mettono in campo Guardie Particolari Giurate (GPG) sottopagate, a rischio immanente di rimetterci la buccia.
Affronto prima quest’ultima problematica, emersa man mano che i caveaux delle banche hanno smesso di raccogliere il contante transitato in quelli, sicuramente più corazzati, d’istituti privati. Ne è derivato un flusso giornaliero di denaro, trasportato in appositi furgoni blindati, da supermercati, banche, uffici postali etc. da e per i caveaux degli istituti di vigilanza privati, protetti da GPG e cospicue misure di sicurezza.
Considerata la pressoché totale inviolabilità di questi luoghi, va da sé che il momento critico da sfruttare per una rapina, che richiede organizzazione e preparazione militare, sia la fase di trasporto. La differenza la fanno gl’investimenti. Un conto utilizzare furgoni che si limitino a rispettare gli standards ministeriali, economici ma aggredibili, un altro affidarsi a mezzi dotati di doppia corazzatura, sistema di “spumablock” automatico che in 2-3 minuti primi solidifica attorno al denaro, iniettori d’inchiostro che imbratti irrimediabilmente le banconote, trasmettitori d’allarme automatico a centrali di forze dell’ordine.
Lo scopo di questi accorgimenti è guadagnare appunto quei 2-3 minuti e rendere impossibile l’asportazione del prezioso materiale trasportato. Un mezzo di tale categoria costituisce di per sé valido deterrente e aiuta a salvare l’incolumità degli operatori. In Sardegna tutti ricordano il mezzo Vedetta2Mondialpol ad elevate prestazioni distrutto un paio di mesi fa con 3 cariche di esplosivo, da cui però nulla è stato asportato e le cui GPG son rimaste incolumi, e quello della Vigilpol, aperto qualche settimana fa come una scatoletta di tonno e parzialmente predato, con qualche ferito fra gli agenti.
Inutile sottolineare che lesinare sulle spese e utilizzare mezzi aggredibili ponga a rischio la vita degli operatori, e potenzialmente determini possibilità di danni collaterali qualora la scorta abbia animo e coraggio di reagire con le armi in caso di assalto. Occorrerebbe forse un intervento legislativo volto ad innalzare i requisiti dei veicoli, a costo di porre fuori mercato alcuni operatori.
Più articolato invece l’aspetto delle retribuzioni degli addetti al comparto, ritenute in qualche caso inadeguate dal mondo politico – se ne è discusso in Parlamento durante la bagarre sul salario minimo – e da alcune Procure della Repubblica, di recente intervenute in modo comunque irrituale. Cercherò di spiegarlo.
Gli addetti possono essere assegnati – in base a titolarità di porto d’arma, capacità, desiderio – a incarichi armati e disarmati, questi ultimi sono i peggio pagati. In concreto vale per tutti il principio che per raggiungere una retribuzione soddisfacente si debba essere assegnati a servizi armati e far ricorso a straordinari, di massima oggi limitati per via degli interventi delle organizzazioni sindacali.
Il personale disarmato – che fornisce i cd. servizi di portierato – è ad esempio quello che vediamo nei grandi magazzini, alle porte scorrevoli d’ingresso, con funzioni essenzialmente di anti-taccheggio. Sovente si tratta di extracomunitari di colore, disponibili a paghe minime includenti il panino al bar di fronte, che con 8/10 ore di lavoro al giorno portano a casa meno di 1000 euro al mese.
Alcune procure della Repubblica hanno fatto ricorso a commissariamenti e incriminazioni, pretendendo – e ottenendo – fosse elevato il salario, in qualche caso inferiore ai 4/5 euro l’ora, da parte di singoli istituti destinatari della loro attenzione. In teoria sembrerebbe la panacea, ma quel salario orario era frutto di Contratto Collettivo Nazionale, concordato liberamente fra imprese e sindacati, compresi quelli maggiormente rappresentativi.
Se un organo della magistratura deve intervenire in materia, allora cosa ci sta a fare il sindacato? E il Parlamento? Interrogativi, credo, legittimi. E infatti i sindacati poco hanno gradito, non potendo peraltro opporsi e chiedere agli istituti – paradossalmente – di non aumentare le tariffe orarie. Inoltre in qualche casso i TAR hanno sottolineato l’incompetenza della magistratura inquirente in termini de determinazione del giusto salario, a dispetto delle acrobazie costituzionaliste di qualche magistrato. Del resto alla Costituzione, con un po’ di dialettica, in certi argomenti si può far dire tutto e il suo contrario.
Ma il problema ha ulteriori sfaccettature degne di nota. Crediamo davvero che un salario orario così basso derivi dal bieco accordo fra istituto di vigilanza privato – affamatore senza se e senza ma – e sindacati di categoria insensibili ai bisogni dei loro iscritti? Se cadiamo in questo tranello ci dimentichiamo il cliente, che è colui che decide quanto spendere per un servizio.
Andiamo a vedere quanto intendano pagare in sede di gara d’appalto, per un’ora di presidio di una GPG, soggetti come Trenitalia, Poste, Mediaset, Aziende Sanitarie Locali, RAI, Aeroporti di Roma e Milano, H&M, Zara, OVIESSE, Mc Arthur & Glen Outlet, etc…
Bene, la base d’asta si aggira sui 9 euro lordi, ribassati fra gli 8 e gli 8,50. Da questi, detratti i contributi previdenziali, i costi per il vestiario e le spese per il funzionamento dell’azienda, e lasciato un minimo margine di guadagno per l’istituto, non possono rimanere al nostro impeccabile figurino in abito scuro più di 4/5 euro, ovviamente nella migliore delle ipotesi, e a volte si scende a 3-4.
Si tratta di aziende di prima grandezza, utili per intrattenere, trasportare, curare e agevolare il cittadino, fargli acquistare merce a prezzi convenienti e in locations confortevoli. Già questo le destina ad essere segnate sull’ideale lavagna dei “Buoni e Cattivi” dalla parte dei primi.
Per questo un dubbio sorge: non è che ci si limiti a dare dell’affamatore all’imprenditore della guardiania e dell’insensibile e inetto al sindacalista, per non instillare il minimo dubbio sull’apodittica disponibilità al servizio del cittadino e dell’utente dei “buoni”, che hanno “sempre ragione”, come cantava Bennato, e marciano “diritti verso la gloria”? Un po’ come gli occhioni luminosi, timidi, tutti ciglia, a volte anche lacrimosi della bimba-Ferragni, che tutto può essere tranne una che faccia – giustamente sia chiaro – i propri interessi.
Dimenticavo, sarà l’età che avanza, la stessa tariffa oraria viene applicata per aggiudicare l’appalto per la vigilanza alle sedi giudiziarie, che ospitano tribunali e procure della Repubblica. Il bello è che qualche volenteroso sostituto, sensibile alle esigenze di questi sottopagati lavoratori, evidentemente non lo sospetti.