La parola differenziazione richiama, d’istinto, la raccolta differenziata dei rifiuti che, con varie modalità, da anni viene effettuata nei comuni italiani. Sicuramente è una buona cosa che andrebbe accelerata ed incentivata.
Purtroppo la differenziazione si sta dilatando in settori dove, viceversa, dovrebbe essere non proposta o non attuata; semmai con estrema cautela.
L’autonomia differenziata è una norma che definisce procedure legislative ed amministrative da seguire per giungere ad una intesa tra lo Stato e le Regioni nel caso in cui queste ultime chiedano ulteriori autonomie. Vengono determinati i LEP (livelli essenziali delle prestazioni). Essi indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi tali diritti su tutto il territorio nazionale. I LEP vengono determinati in base alle materie previste dall’articolo 116, comma tre, della Carta Costituzionale; ivi sono presenti richiami agli articoli 117 e 119 della Costituzione. Le materie alle quali può essere applicata dalle Regioni l’autonomia differenziata, seguendo le procedure legislative ed amministrative della norma sono:
a) organizzazione della giustizia di pace;
b) norme generali sull’istruzione;
c) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali;
d) tutela e sicurezza del lavoro;
e) istruzione;
f) ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;
g) tutela della salute;
h) alimentazione;
i) ordinamento sportivo;
l) governo del territorio;
m) porti e aeroporti civili;
n) grandi reti di trasporto e di navigazione;
o) ordinamento della comunicazione;
p) produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;
q) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali.
Come si evince lo spazio di autonomia regionale è vastissimo e commentare tutti gli indicatori sarebbe lunghissimo. Se ne citano solo alcuni di immediato impatto. La tutela e la sicurezza sul lavoro varierebbe in base alla Regione di lavoro, ugualmente la tutela della salute, l’istruzione e l’alimentazione. Un solo esempio: un prodotto alimentare potrebbe avere dei parametri variabili da Regione a Regione e così via? No comment.
Le differenziazioni che sta attuando il Governo riguardano anche il regime fiscale dove i cittadini non sono più uguali e non debbono versare le imposte proporzionalmente alle loro possibilità economiche come sancito dall’articolo 53 della Costituzione. Infatti le partite IVA (in gran parte liberi professionisti, non società) non verranno sottoposti a controlli fiscali se aderiranno ad un concordato fiscale preventivo con l’Agenzia delle Entrate. In pratica vi sarà, in anticipo, un accordo biennale tra le parti su quanto pagare in futuro. Ergo se il professionista non fattura o guadagna molto di più e non lo dichiara non viene sottoposto ad accertamenti fiscali e paga sempre lo stesso, ovvero quanto concordato. I lavoratori a reddito fisso ed i pensionati non possono, sì perché i loro eventuali aumenti vengono tassati alla fonte e, morale a parte, non possono evadere. Le partite IVA sono cittadini privilegiati.
Sarà un caso che ambedue le normative sono state proposte dalla Lega? Questo partito, pur avendo eliminato la parola nord dalla sua denominazione, cura e privilegia quasi esclusivamente l’elettorato del nord dove sono prevalenti le partite IVA e le pressioni autonomiste delle Regioni, in particolare il Veneto, Liga Veneta docet.
Un Governo, od un partito della maggioranza, può solo privilegiare il proprio elettorato o dovrebbe occuparsi di tutti i cittadini italiani? Ai posteri l’ardua sentenza direbbe il Manzoni.
Nel febbraio del 1883, lo scrittore e giornalista Carlo Lorenzini (Firenze 24 novembre 1826 - Firenze 26 ottobre 1890), sotto lo pseudonimo di Carlo Collodi, pubblica, con la...
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