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IL GIOCO DELLE PERLE DI VETRO, OVVERO LA STORIA NON RACCONTATA IN ‘OPPENHEIMER’…

Andrea Aparo von Flüe di Andrea Aparo von Flüe
06/09/2023
in TECNOLOGIA
IL GIOCO DELLE PERLE DI VETRO, OVVERO LA STORIA NON RACCONTATA IN ‘OPPENHEIMER’…
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TE LO LEGGO IO

Nel film “Oppenheimer” vengono inquadrate, varie volte, una boccia di vetro, di quelle per i pesciolini rossi, e un bicchiere a stelo, da vino bianco.
Nelle intenzioni del regista, il volume interno della prima rappresenta la quantità di uranio, quello della seconda quella di plutonio, necessarie per la bomba.

Mano a mano che il progetto Manhattan va avanti, che diventano disponibili i materiali critici per la bomba, vengono aggiunte delle perle di vetro. Prima una, poi un paio, poi una manciata, sapendo che solo a boccia e bicchiere pieni c’è la possibilità di avere la bomba atomica, capace di definire l’esito della II guerra mondiale e dell’umanità tutta.

Metafora efficace e immediata quella delle perle di vetro.

Però due terzi di quelle perle, sia nella boccia che nel bicchiere, dovrebbero essere nere. Anzi, dovrebbero essere nere striate di rosso. Ecco a voi la storia, non breve e mai raccontata, del perché.

Partiamo dal 1939, quando viene scoperta la fissione nucleare, la capacità di spaccare l’atomo più grande esistente in natura, l’uranio, rilasciando così milioni di volte più energia di qualsiasi reazione chimica.

Nel 1940 viene sintetizzato in laboratorio un nuovo elemento, numero atomico 94, ancora più pesante dell’uranio. Viene battezzato plutonio. Il suo scopritore, Glenn Seaborg, come simbolo suggerisce scherzosamente “Pu”, pronuncia inglese “Poo”, ovvero “cacca”. Altamente appiccicaticcia, visto che l’etichetta è rimasta attaccata.

Il plutonio, come l’uranio, è fissile e rilascia quantità altrettanto grandi di energia. Lo si può produrre in un reattore nucleare durante il processo di fissione dell’uranio. Da notare che l’uranio è l’unica risorsa energetica che produce più combustibile di quanto ne bruci.

Gli scienziati del Progetto Manhattan, confinati a Los Alamos, stato del New Mexico, amena località sulle pendici di un’antica caldera vulcanica, ricoperta da fitti boschi di conifere (anche se in tanti pensano che sia una località desertica…), hanno quindi due materiali, due possibilità per realizzare la bomba atomica: l’uranio o il plutonio.

Hanno a disposizione risorse praticamente infinite da parte del governo americano che ha deciso di giocarsi il tutto per tutto per vincere, non solo la II guerra mondiale, ma anche la pace che ne sarebbe seguita.

Scelgono di fare entrambe le cose. Ben sapendo che nessuna delle due strade sarebbe stata facile.

Da qui i due contenitori per le biglie.

Per realizzare una bomba all’uranio devono separare il suo componente naturale più raro, l’U-235, da migliaia di tonnellate di minerale. Qualcosa di simile a riempire un sacco di sabbia un granello alla volta, con una pinzetta.

Per la bomba al plutonio, serve il plutonio. Per produrre il plutonio a scala industriale si devono prima inventare i reattori nucleari. Poi li si deve costruire il più grandi possibile per bruciare tanto combustibile, l’uranio. Quindi occorre inventare un processo chimico per separare il plutonio dagli altri rifiuti presenti nel combustibile usato, altamente radioattivi.
Più o meno la stessa tipologia di lavoro già vista. Riempire un sacco di sabbia un granello alla volta, usando delle pinzette. Solo che in questo caso i granelli sono radioattivi.

In una valle isolata del Tennessee, chiamata Oak Ridge, vengono requisiti circa 239 chilometri quadrati di terreno. 1000 famiglie devono traslocare. Si costruisce, dal nulla, in un paio di anni, il Clinton Engineer Works per arricchire l’uranio e per la produzione e separazione del plutonio. Uno stabilimento che comprende, oltre all’area coperta all’epoca più grande del mondo (178mila 062 metri quadri), un impianto per la separazione elettromagnetica dell’isotopo 235 dell’uranio, chiedendo in prestito al tesoro americano 14mila e 700 tonnellate di argento, perché tutto il rame serve per lo sforzo bellico. C’è anche un reattore a grafite raffreddato ad aria, costruito dal febbraio al novembre 1943.

Oak Ridge non basta. Su un altopiano, molto isolato, nello stato di Washington, negli ultimi mesi del 1942 inizia le sue attività l’Hanford Engineer Works. Uno stabilimento che interessa 1618 chilometri quadrati dato in gestione alla DuPont Company. Vengono costruiti tre giganteschi reattori e un impianto di separazione chimica, impiegando oltre 45mila lavoratori. Il processo di fabbricazione del plutonio, basato sulla trasmutazione, è quello sviluppato nel 1942 da Enrico fermi e il suo team a Chicago.

Verso la metà del 1945 c’è abbastanza uranio, circa 60 chilogrammi, per la prima bomba atomica ed è la prima usata in guerra sganciandola su Hiroshima il 6 agosto 1945.

Anche di plutonio ce n’è a sufficienza. Vengono assemblate tre bombe. Una da testare nel deserto del Nuovo Messico il 16 luglio 1945 e due da sganciare sul Giappone, circa 6 chili di plutonio ciascuna. Una sola di esse viene fatta esplodere su Nagasaki il 9 agosto1945 alle 11:02 ora locale.
40mila persone muoiono all’istante. Nei primi mesi del 1946 si aggiungono altre 30mila persone al computo dei deceduti. Nei cinque anni successivi più di 100mila persone muoiono per le conseguenze dell’esplosione.

Per una bomba a fissione servono 60 chili di uranio arricchito oppure 6 chili di plutonio. Il plutonio è più efficiente e ne serve molto meno per creare la “massa critica” esplosiva.
Il fattore 10 di differenza fra uranio e plutonio spiega la scelta della boccia per i pesci e del bicchiere da vino.

Non spiega perché due terzi delle perle di vetro, in entrambi i contenitori, avrebbero dovuto essere nere con striature rosse. Per spiegarlo occorre tenere ben presente che nulla si sarebbe potuto fare senza il minerale di uranio.

Già, ma da dove veniva?

Los Alamos, Oak Ridge, Hanford, sono luoghi entrati nella storia. Manca all’elenco Shinkolobwe dove vennero estratti i 2/3 dell’uranio utilizzato nel progetto Manhattan.

Nel 1939, poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, Albert Einstein scrive una lettera al presidente Franklin D. Roosevelt, in cui afferma: “L’elemento uranio potrebbe essere trasformato in una nuova e importante fonte di energia nell’immediato futuro… È concepibile… che si potranno così costruire bombe estremamente potenti di questo tipo”.

La lettera di Einstein menziona quattro fonti conosciute di uranio: gli Stati Uniti, che “hanno solo minerali di uranio molto poveri in quantità moderate”; il Canada e l’ex Cecoslovacchia, dove “c’è del buon minerale”; e il Congo: “la più importante fonte di uranio”.

Einstein citava la miniera di Shinkolobwe, Congo, Africa.
Uno scherzo della natura. La miniera di uranio forse più ricca del mondo, dove l’uranio è presente al 2 per cento del minerale, mentre nelle altre miniere la percentuale varia dallo 0,25 per cento (Colorado plateau, USA) allo 0,5 per cento (Eldorado mine, Canada settentrionale).

In altre parole, 100 chilogrammi di minerale di uranio congolese possono produrre circa 1 chilogrammo di uranio raffinato. La stessa quantità di minerale proveniente dagli altri luoghi fornirebbe solo 2 o 3 grammi.

Il Congo, i congolesi sono stati la componente “sine qua non” del successo del progetto Manhattan.

1885. Re Leopoldo II del Belgio rivendica, a titolo personale, la proprietà di un enorme territorio, attraversato dal fiume più profondo del mondo, proprio al centro dell’Africa. Chiama la colonia Stato Libero del Congo.

Libero, ma non per i suoi circa 10-20 milioni di abitanti, il cui obiettivo primario di vita è sopravvivere alla violenza e al terrore coloniale.
In tutto lo Stato Libero del Congo, convertito in una serie di piantagioni di cotone e gomma, i soldati del re amputano gli avambracci dei congolesi che non rispettano le quote di raccolto. Il sangue scorre.
Le fruste degli schiavisti portoghesi, le Chicote, con attaccati degli uncini in ferro per stracciare le carni di chi non obbedisce, schioccano nell’aria. Altro sangue.

Le politiche di re Leopoldo provocano carestie e malattie. Milioni di persone perdono l’unica cosa che era loro rimasta: la vita.

Nel 1908, l’indegno sfruttamento della colonia genera forti pressioni diplomatiche sul governo belga con la richiesta di assumerne ufficialmente il controllo. Lo “Stato libero del Congo” diventa “Congo belga”.

Il settore privato sostituisce il re come estrattore delle risorse naturali del Congo, ma la violenza rimane. I funzionari belgi permettono ai missionari cristiani di iniziare a educare i bambini. Solo i bambini. I congolesi adulti alfabetizzati sono un pericolo. Possono rovesciare la colonia. La scuola oltre la quinta elementare è illegale. Una delle rare eccezioni: studiare per diventare prete.

Il sistema coloniale vuole lavoratori, possibilmente al limite della schiavitù.

La più grande azienda del Congo Belga è la compagnia mineraria Union Minière du Haut Katanga, con in concessione un’area di quasi 20mila 729 chilometri quadrati che comprende una miniera ricca di uranio: Shinkolobwe.

Intorno alla miniera la Cité minière, la citta mineraria. In realtà un complesso recintato, molto simile a un campo di prigionia, per i lavoratori e le loro famiglie. Ogni famiglia vive in 4 metri quadri e riceve razioni di cibo settimanali.
Il minerale di uranio, descritto da uno di loro come un blocco “grande come un maiale; nero e oro; sembra coperto da una schiuma o muschio verde” viene selezionato manualmente dai minatori. Lo chiamano “pietre fiammeggianti”.

Il direttore dell’Union Minière du Haut Katanga è Edgar Sengier, un belga pallido con baffi ben tagliati. Ha visto la Germania invadere il Belgio durante la prima guerra mondiale. L’invasione della Polonia da parte di Hitler il primo settembre 1939 lo preoccupa non poco. Si domanda se il Belgio, o anche le colonie africane, saranno i prossimi.

4 mesi prima, maggio 1939, il chimico britannico Sir Henry Thomas Tizard e lo scienziato premio Nobel Frédéric Joliot-Curie, genero di Marie Curie, gli avevano chiesto la disponibilità a fornire l’uranio per il loro progetto di creare una bomba a fissione.

Sengier si dichiara disponibile, ma il progetto naufraga a seguito dell’invasione tedesca della Francia nel maggio 1940.

Nel mese di settembre, sempre 1940, Sengier, che nel frattempo ha trasferito tutte le attività commerciali della Union Minière a New York City, dispone l’invio in USA di metà dello stock di uranio disponibile in Africa, circa 1050 tonnellate.

I lavoratori congolesi caricano il minerale su un treno per Port Francqui (ora Ilebo), poi in barca lungo i fiumi Kasai e Congo fino alla capitale Leopoldville (ora Kinshasa). Nel porto di Matadi, l’uranio inizia la traversata dell’Oceano Atlantico, evita gli U-Boot tedeschi, fino a un magazzino a Staten Island. A Shinkolobwe rimangono circa 3300 tonnellate di uranio.

Nel maggio 1940 Hitler invade anche il Belgio. Il governo belga ripara a Londra. Il Terzo Reich insedia a Bruxelles un governo filo-nazista. Il governatore generale del Congo Belga, tuttavia, dichiara che la colonia avrebbe sostenuto gli alleati. Così, durante la guerra, molti congolesi tornano nelle stesse foreste dove ai loro genitori e nonni erano state amputate le mani, sempre con l’ordine di raccogliere la gomma, questa volta per centinaia di migliaia di pneumatici militari. Con l’intensificarsi della guerra, i minatori congolesi scavano minerali, come il rame, in turni di 24 ore su 24.

Nelle “città minerarie” di Sengier, come altrove, i congolesi non possono circolare liberamente senza permesso. I lavoratori devono essere a casa entro le 21:00, per non subire dure conseguenze. La paga è ridicola. Eppure, nel 1941, sebbene i “nativi” fossero esclusi dai sindacati, i lavoratori neri in diverse miniere di Sengier iniziano a organizzarsi per salari più alti e migliori condizioni di lavoro.

7 dicembre 1941, Pearl Harbor Day. Giorno cruciale non solo per il corso della guerra, ma anche per la vita dei minatori congolesi.
I dipendenti neri di Sengier organizzano un massiccio sciopero minerario in tutto il Katanga. A Elisabethville, 500 lavoratori si rifiutano di iniziare il turno. I minatori che hanno appena finito di lavorare si radunano davanti agli uffici della direzione, chiedono un aumento. Vincono un accordo da definire il giorno successivo.

La mattina dopo, i minatori si presentano allo stadio di calcio locale per negoziare con i responsabili della compagnia di Sengier e il governatore coloniale del Katanga. Ci sono fra 800 e 2.000 scioperanti. L’azienda offre un accordo verbale. Quando un lavoratore congolese di nome Léonard Mpoyi chiede conferma scritta dell’aumento salariale, il governatore coloniale insiste affinché la folla torni a casa.

“Mi rifiuto”, risponde Mpoyi, “devi darci qualche prova che l’azienda ha accettato di aumentare i nostri stipendi.”

“Vi ho già chiesto di andare in ufficio per verificare”, risponde il governatore, Amour Marron. Poi tira fuori una pistola dalla tasca e spara a Mpoyi, a bruciapelo.
I soldati aprono il fuoco “da tutte le direzioni”. I minatori si riversano fuori dallo stadio. Muoiono circa 70 persone, un centinaio sono i feriti. Ancora sangue.

La mattina dopo, l’altoparlante aziendale chiama tutti al lavoro. Come se nulla fosse accaduto.

Circa un anno dopo Pearl Harbor, il presidente Roosevelt assegna al generale Leslie Groves la guida del Progetto Manhattan. Nel settembre 1942, Groves e il suo vice, il colonnello Kenneth Nichols, ragionano su come procurarsi l’uranio necessario e indispensabile per il progetto.
Nichols parla a Groves di Sengier e del suo uranio.
La mattina dopo, Nichols incontra Sengier nel suo ufficio di New York e gli chiede se la Union Minière può fornire l’uranio e quando.
La risposa di Sengier è storia: “Può averlo subito, è qui a New York, un migliaio di tonnellate. Aspettavo la sua visita”.

Meno di un mese dopo, Groves assume J. Robert Oppenheimer per dirigere gli scienziati che devono costruire la bomba.

Nel corso dei due anni successivi, il Congo diventa un focolaio di spie americane per garantire il flusso di uranio. Il generale Groves insiste affinché gli Stati Uniti acquisiscano il controllo completo di Shinkolobwe e raccomanda al presidente Roosevelt di riaprire la miniera. Chiusa perché la Union Minière ha più di trent’anni di ordini coperti da quanto estratto.

Il Corpo del Genio dell’Esercito degli Stati Uniti d’America viene inviato in Congo per riavviare le operazioni minerarie. La posizione della miniera viene cancellata dalle mappe.

Grazie agli scioperi, i salari dei lavoratori sono aumentati dal 30 al 50 per cento. Tuttavia, ad alcuni il lavoro in miniera viene imposto con la forza. Le chicote non hanno smesso di schioccare.

Dal 1938 al 1944 gli incidenti mortali sul lavoro quasi raddoppiano. Per evitare le quote della gomma, le persone fuggono dalle zone rurali verso città come Elisabethville, la cui popolazione aumenta da 26mila persone nel 1940 a 65mila nel 1945.

Una volta negli Stati Uniti, le pietre fiammeggianti vengono raffinate a Oak Ridge, nel Tennessee. Quanto prodotto viene spedito a Los Alamos, nel New Mexico. Oppenheimer e il suo team impiegano quasi tre anni per mettere a punto le bombe.

I tedeschi si arrendono nel maggio 1945 e fu chiaro che non fossero vicini al completamento della bomba nucleare.
La guerra nel Pacifico infuria ancora. Per chiuderla gli Stati Uniti sganciano, nell’agosto del 1945, “Little Boy” su Hiroshima e “Fat Man” su Nagasaki, piene di uranio congolese.

Piene della pelle nera e del sangue dei congolesi.

Senza il Congo, ottenere il minerale necessario sarebbe stato impossibile.

Senza i lavoratori neri del Congo, terrorizzati, sottomessi, costretti a estrarre minerale essenziale alla guerra 24 ore al giorno, il risultato del progetto Manhattan, probabilmente il più importante della storia umana, sarebbe stato molto diverso.

Ora che sapete, non dimenticate perché le perle di vetro devono essere nere come la pelle dei congolesi e striate di rosso come il dolore e il sangue da loro versato.

Non dimentichiamo e sentiamoci in debito.


Epilogo


Nel 1946, Sengier divenne il primo non americano a ricevere la medaglia al merito del Presidente, “per l’esecuzione di un atto eccezionalmente meritorio o coraggioso” che suggellò la vittoria degli Alleati.
Nelle foto della cerimonia si può vedere dell’altro: un uomo con molto da nascondere.
I servizi di spionaggio hanno rivelato che la società di Sengier vendette ai nazisti circa 750 tonnellate di uranio congolese.
Forse aveva anche da nascondere le sue Cités minières.

Nel 1948, un minerale radioattivo fu chiamato in onore di Sengier, sengierite.

I congolesi abbatterono il sistema coloniale e la Repubblica Democratica del Congo ottenne l’indipendenza dal Belgio nel 1960.

L’importanza di Shinkolobwe dopo la guerra diminuì poiché i metodi di produzione di armi nucleari si spostarono su altri processi di arricchimento e su altre fonti di uranio.

La miniera fu chiusa all’inizio degli anni 1960 a causa di problemi di sicurezza e della tumultuosa situazione politica.

L’area mineraria fu ufficialmente chiusa e sigillata nel 1964. Tuttavia, a causa della mancanza di un controllo efficace sul sito durante gli anni successivi di disordini politici e conflitti nella regione, persistettero l’estrazione non autorizzata e il contrabbando di uranio.

Il sito minerario di Shinkolobwe è stato designato come area pericolosa a causa della presenza di materiali radioattivi. Sono stati compiuti sforzi per risanare e mettere in sicurezza il sito per prevenire l’estrazione illegale e mitigare i rischi ambientali e sanitari associati ai materiali radioattivi.

Il significato storico della miniera e le questioni relative alla contaminazione radioattiva del sito hanno portato a richiedere sforzi internazionali per affrontare la situazione e garantire la corretta gestione dell’area.

NdA
L’autore ha attinto a piene mani da quanto raccontato da Ngofeen Mputubwele in “The Dark History Oppenheimer Didn’t Show”, Wired, Backchannel, Aug. 21, 2023 e dal testo “’Oppenheimer’ and all those marbles”, pubblicato da Jeremy Whitlock, Senior Technical Advisor alla IAEA (International Atomic Energy Agency), su Linkedin il 4 agosto 2023.

A loro vanno i miei ringraziamenti più sinceri.
A mia giustificazione, con scarsa modestia, cito quanto attribuito a Pablo Picasso: “L’artista crea, il genio copia…”

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Andrea Aparo von Flüe

Andrea Aparo von Flüe

Padre italiano, madre svizzera-tedesca. Lunghi periodi all’estero fra Svizzera, Francia, Stati Uniti, Giappone. Scuole primarie svizzere e irlandesi; scuola secondaria in Francia e in Italia. Il risultato è un’ottima conoscenza del francese, inglese e del dialetto svizzero tedesco; buona del tedesco, elementare del giapponese e la capacità di muovermi da “indigeno” in contesti culturali diversi. Nel gennaio del 1978 mi hanno laureato dottore in fisica “summa cum laude” discutendo una tesi sperimentale sulla dinamica di caduta dei chicchi di grandine, sviluppata lavorando come ricercatore presso l’Ufficio Centrale di Ecologia e Meteorologia Agraria del Ministero Agricoltura e Foreste, per conto del quale ho lavorato nei periodi estivi dal 1977 al 1979 come membro del Gruppo italiano che partecipava alla ricerca internazionale Grossversuch IV (Politecnico di Zurigo, Università di Montpellier e Grenoble, Ricercatori dell’URSS). Dopo essere risultato primo su quattrocento candidati, nel 1979, sono stato assunto, con la qualifica di Ricercatore, all’Ufficio Europeo Brevetti dell’Aja (NL), da cui mi sono dimesso a causa dello scarso interesse del lavoro e dello stipendio eccessivo. Tornato in Italia, nel 1979, mentre ero docente di Meteorologia all’IT Aeronautico “Francesco de Pinedo”, sono stato chiamato dal Prof. Umberto Colombo a lavorare come consulente al CNEN, il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare, di cui egli era Presidente. In tale veste ho curato prima studi sul contenuto energetico di centrali nucleari e convenzionali, poi sono stato responsabile di diverse “task forces” per la definizione e avvio di attività connesse alla diffusione di nuove tecnologie: coordinamento del Gruppo di lavoro per la documentazione e l’informazione, automazione delle biblioteche geograficamente diffuse del CNEN, creazione di un servizio di “business graphics” computerizzata, avvio delle iniziative di Office Automation, automazione integrata della Presidenza e Direzione Generale. Nel 1981 sono entrato negli organici dell’ENEA, (ex CNEN) come collaboratore Tecnico Professionale alla Direzione Centrale Relazioni Esterne per poi passare alla Direzione Centrale Studi e ho iniziato la mia attività di Assistente del Presidente. Dal giugno del 1982 al maggio del 1983, su invito del Massachusetts Institute of Technology, Laboratory for Computer Science, mi sono trasferito a Cambridge (USA) per lavorare come Visiting Scientist, membro dell’Office Automation Group. In tale sede ho approfondito gli aspetti del management dei processi d’innovazione tecnologica e ho avuto responsabilità di conduzione del gruppo di ricerca, non ché di Thesis Advisor. Dal luglio 1983 all’aprile 1987 ho fatto parte della Direzione Centrale INFO dell’ENEA come responsabile dei progetti di automazione di ufficio. Continuando l’attività di Assistente del Presidente, ho avuto responsabilità dei progetti di diffusione dell’innovazione tecnologica nelle piccole e medie imprese, analizzando una serie di potenziali “start up”. Nel 1984 ho curato la pubblicazione di uno studio sui mestieri e le professioni degli anni ’90, mettendo a frutto le conoscenze, acquisite nel corso degli anni, di economia, management e di diverse nuove tecnologie: informatica e telematica, nuove energie, nuovi materiali, biotecnologie, innovazioni di processo (laser, robotica, FMS, CAD-CAM, ecc.) per citare le principali. Con la fine del 1985 ho ideato, gestito e completato il progetto di automazione integrata degli uffici della Presidenza e della Direzione generale dell’ENEA, che ha visto la radicale trasformazione delle modalità di lavoro di tutto il personale segretariale, tecnico e dirigenziale dei suddetti uffici. Nel corso del 1986, su invito del governo giapponese (MITI-JETRO), ho passato un mese di studio in Giappone visitando numerose imprese giapponesi e avendo intensi confronti di idee con esponenti governativi e della cultura nipponica. A partire da quella data mi sono occupato in modo continuativo del Giappone, intessendo una fitta rete di conoscenze personali e professionali con esponenti nipponici del mondo del Business e di quello accademico. A fine 1986, ho voluto sviluppare un’esperienza di lavoro nell’industria privata. Sono entrato alla Fiat S.p.A. a Torino dove ho lavorato dal 1986 al 1988 nella Direzione Studi Economici e Analisi Strategiche per passare nel 1989 alle dirette dipendenze del Direttore dell’Ente Sviluppo, Coordinamento e Controllo, in qualità di Vice-Direttore responsabile dei Progetti Speciali (Business Development). Dal febbraio 1990 sono stato in forza alla Fiat Auto. Fino al giugno 1991 ho avuto la responsabilità dei rapporti con le istituzioni internazionali nell’ambito della Direzione Centrale Sviluppo, Coordinamento e Controllo. I miei compiti comprendevano la manutenzione e implementazione di una rete di contatti internazionali finalizzata al monitoraggio degli sviluppi tecnologici e delle strategie dei partners e dei competitori. Partecipavo e/o definivo progetti speciali su temi inerenti il management dei processi di innovazione e di cambiamento, nonché di team dedicati a progetti di M&A. Dal giugno 1991 al marzo 1993 nella Direzione Ambiente e Politiche Industriali, responsabile del coordinamento del piano Qualità Totale, rispondendo direttamente all’amministratore delegato. Dopo essere stato responsabile delle attività di Relazioni Internazionali nell’ambito della Direzione Ambiente e Politiche industriali, a partire dal 1995 sono responsabile degli Scenari Ambientali. Ho ideato e gestito per conto della Fiat Auto Spa i progetti speciali inerenti all’introduzione e uso delle tecnologie della realtà Virtuale e di Internet. Nel 1995 ho coordinato la presentazione (prima mondiale) di due nuovi modelli di vetture (Bravo e Brava) sul World Wide Web in contemporanea con il lancio nel mondo “reale”, continuando a seguire lo sviluppo e le strategie di presenza dei marchi Fiat Auto (Alfa Romeo, Lancia e Fiat) sul World Wide Web (www.alfaromeo.com; www.lancia.com; www.fiat.com); ho poi contribuito ad avviare le attività di uso delle tecnologie della Rete nelle Direzioni Progettazione, Acquisti, Commerciale, Amministrazione e Controllo. Ho sviluppato una conoscenza approfondita su tecnologie, strategie e modalità di comunicazione avvalendosi di sistemi multimediali, ideando e partecipando, nel 1994, alla costituzione, avvio e gestione della com.e srl di Roma, Multimedia Agency, leader nel suo settore di attività (www.com-e.com) che comprende il Web Content, Strategie per Alta Direzione, Formazione e Addestramento. Dal giugno 1998, dopo avere lasciato il gruppo FIAT, responsabile del progetto Trustees21 presso il World Economic Forum, a Ginevra, Svizzera. Nell’aprile 1999 ho accettato l’offerta del Sindaco della Città di Barletta, Dott. Francesco Salerno, di rivestire il ruolo di Direttore Generale/City Manager della Città di Barletta, nonché dirigente responsabile del personale e del settore informatica e telecomunicazioni del Comune. Ho gestito un’organizzazione di 450 persone, di cui 12 dirigenti in reporting diretto. A fine dicembre 1999, la modifica sostanziale della composizione della giunta della Città ha causato la conclusione del mio mandato, così da evitare le dimissioni del Sindaco. Dal febbraio 2000 a luglio 2001, ho operato in qualità di Assistente del Prof. Ferrante Pierantoni, Componente dell’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione della Presidenza del Consiglio della Repubblica Italiana. A partire dall’ottobre del 2001 svolgo attività di consulenza strategica per l’alta direzione, con particolare attenzione alle tematiche della sicurezza informatica e fisica. Sono stato Amministratore Delegato della società di consulenza Alef Consulting srl , da me fondata nel 1997, con cui ho svolto fino al dicembre 2013 attività di consulenza e formazione. Fino a luglio 2001 sono stato Senior Consultant e membro del consiglio di amministrazione della com.e srl, società attiva nel mondo di Internet, da me fondata con due soci nel 1994. Nel gennaio 2000 ho contribuito alla partenza della società If, Interface Factory srl, esperta d’interfacce avanzate di Rete, di cui sono presidente. Dal gennaio 2001 al mese di ottobre 2002 sono stato Responsabile delle Strategie della Multimoda Network spa, gruppo industriale del settore Moda, a MIlano. Dal novembre 2002 al Gennaio 2003 sono Chief Scientific Advisor per il Gruppo Finmeccanica spa, a Roma. A partire dal Gennaio 2003 sono entrato in organico come Group Scientific Advisor e V.P. responsabile della Technology Intelligence di Gruppo. In tale veste mi sono occupato di progetti speciali, coordinamento di attività fra aziende del Gruppo, facilitato il completamento di progetti di sviluppo prodotto, ideato e partecipato alla gestione del Premio Innovazione di Gruppo, avviato e gestito contenzioso legale, e sua soluzione positiva per Finmeccanica, con maggiore fabbricante automobilistico USA. Ho co-ideato e portato al successo il cosiddetto Project Zero della Agusta Westland, il primo velivolo a decollo verticale realmente innovativo dalla definizione dell’elicottero (vedere su Google Project zero AW). Assisto e interagisco con esponenti del mondo dell’arte per individuare soluzioni tecnologiche per la realizzazione di artefatti e opere. Ad esempio, componendo un gruppo di esperti provenienti dalle aziende del Gruppo Finmeccanica, abbiamo consentito al Maestro Maurizio Mochetti a realizzare la sua opera, installazione fissa al MAXXI di Roma, partecipando alla definizione delle soluzioni tecnologiche necessarie. A partire da Febbraio 2012 fino al dicembre 2014 sono in organico ad Ansaldo Energia spa, a Genova, come Senior Advisor R&D dell’Amministratore Delegato Ing. Giuseppe Zampini. Dal luglio 2012 al giugno 2013 sono membro del Consiglio di Amministrazione della PROTER srl a Terni, azienda attiva nella chimica di quarta generazione. . Dal Marzo 2015 socio fondatore di GoTo10 srl in Milano, attiva nel settore educazione e formazione, in particolare sulle tematiche relative all’insegnamento del pensiero computazionale. Dal settembre 2015 a giugno 2017 Amministratore Delegato di ProTer srl in Terni, società di ricerca e sviluppo attiva nel settore della chimica di IV generazione e della chimica verde. Da luglio 2017 a Novembre 2020, Chief Operating Officer e Vice Principal della JPED Academy a Pechino, distretto di Changping. Le mie attività comprendono essere responsabile operativo, vice-preside, direttore degli Studi, e docente STEAM di una nuova High School internazionale in lingua inglese, basata sul curriculum studiorum USA per studenti di nazionalità cinese. Rientrato in Italia a inizio novembre 2020, lavoro dal dicembre dello stesso anno, fino al novembre 2022, per la Geminiani srl, azienda specializzata nel campo dei motori per applicazioni industriali e in sistemi innovativi di gestione dell’energia elettrica in qualità di Senior Advisor per la R&D. Dal gennaio 2023, insieme a Michael Lenton, gia Amministratore Delegato di Fimeccanica Australia (oggi Leonardo Australia) con cui si è lavorato per molti anni in Finmeccanica, abbiamo avviato The Advisory, International Strategic Consulting, società di consulenza internazionale, attiva in particolare in Italia e Australia. Ci occupiamo di aziende e prodotti ad alta tecnologia, fornendo consulenza strategica, gestionale e legale. Inoltre, dal 1994, sono Professore a contratto di Strategie Aziendali, presso la Scuola di Specializzazione in Ricerca Operativa e Teoria delle Decisioni, Dipartimento di Statistica, Università “La Sapienza”, Roma. Dal febbraio 2000 al Settembre 2006 sono co-ideatore, Docente e Assistant Director del MiNE, Master in the Network Economy presso l’Università Cattolica di Piacenza. Dall’anno accademico 2001-2002 fino al settembre 2014 insegno strategie di comunicazione al Politecnico di Milano, Master in Design della Comunicazione, Dipartimento di Architettura, fiancheggiando il Prof. Paolo Ciuccarelli, titolare del corso di Metaprogetto. I miei punti di forza risiedono nella capacità di comprensione di Scienza e Tecnologia e di diversi aspetti delle discipline umanistiche, in particolari arti visive, e dunque capacità di sintesi fra queste, management e strategia; nella facilità di definire e fare crescere rapporti e relazioni interpersonali; in una lunga esperienza di relazioni internazionali a scala globale; in una non comune capacità di comunicazione, divulgazione e insegnamento. Mi viene riconosciuta capacità di leadership e di motivazione di team operativi interdisciplinari e internazionali. Nel corso degli anni ho seguito un notevole numero di corsi di specializzazione e seminari; ho pubblicato un gran numero di articoli scientifici, anche a carattere divulgativo su quotidiani e riviste specializzate. Anche qualche libro: da citare il primo testo in italiano che parlava del World Wide Web e zone limitrofe: “Il Libero delle reti, edizioni ADN Kroos.. Da oltre un decennio svolgo attività di consulente sui temi della strategia e dell’innovazione tecnologica. Sono stato membro di diversi Comitati e Gruppi di lavoro governativi e presso la CEE. Ho fatto parte del Comitato Scientifico della rivista “Scienza e Dossier” e titolare della rubrica “Il Nuovo” sviluppata su temi innovativi di Scienza e Tecnologia. Sono stato titolare di rubrica fissa sulle riviste “L’Europeo”, Next”, “Ceramicanda” e “Netforum”. Collaboro saltuariamente con molte altre testate. Blogger per il Fatto Quotidiano, Infosec News e Giano News. Ho avuto diverse esperienze didattiche, in Italia e all’estero, anche a carattere continuativo; ho tenuto un elevato numero di conferenze e seminari in Italia e all’estero per enti governativi, università e aziende private. Nel Marzo del 1990 sono stato chiamato dal rettore Prof. Mel Horwitch a far parte dello Scientific Advisory Board del Theseus Institute, Business School specializzata in Strategie dei Sistemi di Informazione e delle Reti, localizzata nel parco scientifico europeo di Sophia Antipolis, nel sud della Francia. Altre info disponibili su Google. Dimenticavo: due figli, due ex-mogli e Silvana da poco mi ha detto sì. Per concludere, ce n’è abbastanza da “scassare i cabasisi” a molti…

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