Il ponte sullo stretto di Messina non è ancora nato ma già sembra destinato alla NATO, anche se può sembrare un gioco di parole. Veniamo ad una serie di riflessioni reali ed ipotetiche. Le prime potrebbero avere aspetti discutibili, mentre le seconde sono certamente pericolose.
Al momento viene ventilata l’ipotesi, sicuramente non troppo remota, di inglobare le spese per la realizzazione del ponte sullo stretto tra quelle, concordate in ambito NATO. L’opera verrebbe configurata nella “Military Mobility Action Plan” dell’Unione Europea, quindi aderente alle linee guida dell’Alleanza Atlantica. L’infrastruttura sarebbe in grado di favorire lo spostamento delle forze NATO tra Italia peninsulare e Sicilia.
La sua realizzazione si farebbe rientrare nell’1,5% delle spese per le strutture militari concordate nell’ultimo vertice della NATO, svoltosi il 24 e 25 giugno 2025 a Den Haag, nei Paesi Bassi.
A questo punto tutti si stanno affrettando per superare i possibili ostacoli inerenti all’iter di “Valutazione dell’impatto ambientale”. Tale valutazione verrebbe ristretta a trenta giorni trattandosi di “progetti o parti di progetti aventi come obiettivo la difesa nazionale”. Il ponte sullo stretto potrà, di conseguenza, derogare ad alcune autorizzazioni di impatto ambientale e godere di una corsia preferenziale. Sin qui, considerato che si tratterebbe di opera per la difesa nazionale, si può concordare.
Il Ministro Salvini, o chi per lui, dovrà difendere la Sicilia da uno sbarco in massa di migranti africani ed allora ecco che le truppe NATO, italiane in primis, dovranno traversare lo stretto in forze. Ma faranno la fila per accedere dalla Calabria poiché se in Sicilia non vi sono strade in grado di assorbire il traffico dei turisti e dei pendolari, immaginiamo quello militare, anche per motivi di peso e concentrazione dei mezzi corazzati e non.
Non ultimo il ponte, in caso di belligeranza, come ogni ponte strategico sarebbe oggetto di attacchi massicci, forse il primo obiettivo. Lasciamo al COVI (Comando Operativo di Vertice Interforze) le valutazioni operative e logistiche inerenti ai movimenti delle Forze Armate. Al fine di difendere il Paese sono costi ed ipotesi da poter esaminare e sopportare. Potrebbe far sorgere qualche dubbio il fatto che è il Ministro per le Infrastrutture e non quello della Difesa ad accelerare sui tempi.
Veniamo alle valutazioni ipotetiche. Il codice degli appalti è sancito nel Decreto Legislativo n. 36/2023, integrato dal Decreto Legislativo n. 209/2024 (disposizioni correttive ed integrative del precedente Decreto Legislativo). Trattandosi di opera per la sicurezza nazionale quasi certamente verrà fatta rientrare nel Titolo V (articoli dal 136 al 139). L’articolo 139 prevede la secretazione degli atti. Ancora una volta si può concordare ma solo parzialmente. Un ponte, per quanto opera strategica, anche finalizzata alla difesa ed alla sicurezza, non è un sistema d’arma innovativo od una centrifuga per l’arricchimento dell’uranio od una macchina a controllo numerico con precisione ai massimi livelli per uso militare.
Anche i neonati ed i creduloni più incalliti sanno che la criminalità organizzata, nella fattispecie Cosa Nostra e ‘Ndrangheta, attendono come fiere affamate gli appalti per la costruzione del ponte sullo stretto. Non che il servizio dei traghetti da Villa San Giovanni a Messina, e viceversa, sia poco redditizio per loro ma la costruzione di un ponte sarebbe una manna dal cielo per anni, forse decenni, se pensiamo ad alcune opere autostradali, decisamente più semplici, portate a termine in tempi biblici. Pensiamo che bello (per loro naturalmente): con la secretazione sarebbe quasi impossibile “ficcare il naso” nelle loro malefatte, nei subappalti a cascata, nelle scatole cinesi delle società interessate.
Anche le aziende più che serie finirebbero per accontentare gli appetiti della criminalità organizzata dopo qualche bomba, qualche gambizzazione, qualche ricatto, qualche mazzetta o semplice riscossione del pizzo (non quello che uno spot televisivo lo identificava nelle accise, il pizzo di Stato affermava una politica sorridente alla pompa di benzina). Altro che seguire il filone del denaro, come insegnava Giovanni Falcone. Qui il denaro lo raccoglieranno come acqua nel mare.