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LE CONTROMISURE CINESI

Luca Anedda di Luca Anedda
16/12/2024
in SCENARI
LE CONTROMISURE CINESI
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TE LO LEGGO IO

Mentre noi ci balocchiamo con due guerre disastrose, una in Ucraina e l’altra in Medio Oriente, il resto del mondo ci guarda come se fossimo dei marziani. Non riusciamo a vendere una narrativa convincente di ciò che ci sta succedendo in casa, senza far emergere i nostri doppi e tripli standards. I valori di democrazia, libertà, tolleranza, rispetto del valore della vita, si infrangono ogni giorno con una realtà che noi stessi contribuiamo a fabbricare, con menzogne, omissioni, chiudendo tutti e due gli occhi e dando patenti false di democrazia a chi meriterebbe invece di essere rinchiuso in galera. E come se non bastasse ci prefiggiamo obiettivi economici e militari basati su analisi irrealistiche e fuori bersaglio. La nostra arroganza ci impone, poi, di sanzionare chiunque non si allinei con i nostri desiderata. Ad oggi alcuni dei Paesi sotto sanzione americana ed europea a vario titolo sono: Cina, Russia, Venezuela, Iran, Afghanistan, Bielorussia, Burundi, Mali, Myanmar, Nicaragua, Niger, Zimbabwe, Bosnia, Congo, Guatemala, Guinea, Haiti, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Yemen, Nord Corea, Cuba. La lista non è completa e non copre i divieti imposti verso le esportazioni o importazioni di particolari beni. Come noto, oltre 300 miliardi di dollari sono stati confiscati alla Russia ed al momento non è ancora chiaro come verranno gestiti
Questo stato di cose sta determinando una lenta ma costante serie di contromisure da parte degli Stati sanzionati e di quelli che seppure non lo siano, oggi potrebbero esserlo domani.
Prendiamo ad esempio la produzione e la vendita del petrolio. 


La Cina, come si vede dal grafico, acquista dall’Iran oltre 1,7 milioni di barili al giorno con un enorme incremento rispetto agli anni precedenti. Eppure, l’Iran è sotto pesanti sanzioni e automaticamente vengono sanzionati coloro che operano transazioni con l’Iran. In questi anni Pechino e Teran hanno imparato a non coinvolgere le banche occidentali ed usano metodi di trasporto alternativi. Ad esempio, per i pagamenti viene usata la divisa cinese ed una flotta di petroliere “ombra” effettuano il trasporto, con il risultato che sempre meno sappiamo quello che succede in questi mercati. Ed ecco perché alcune previsioni sul prezzo del petrolio sono state clamorosamente smentite: semplicemente perché si basavano su dati incompleti. La Russia si è subito accodata, ed anch’essa opera attivamente con queste modalità eludendo le sanzioni occidentali. Quando il carico di petrolio arriva in Cina viene ridenominato come proveniente da Malesia o Medio Oriente e la sua raffinazione viene affidata a una ragnatela di piccole raffinerie denominate “teapots” che non hanno problemi anche se dovessero incorrere in sanzioni visto che la loro esistenza è legata esclusivamente a questo tipo di operazioni “interne”. Le grandi raffinerie Cinesi che operano in tutto il mondo avrebbero grossi problemi nel caso fossero sanzionate. Ma in questo modo il lavoro “sporco” è delegato solo ad alcune piccole entità. Stesso discorso vale per le Banche. Molte di queste operazioni che eludono completamente il sistema SWIFT, vengono condotte da piccole banche che, anche se colpite da sanzioni non subirebbero molti traumi visto che la loro operatività è legata solo a questo tipo di transazioni.
Di tutto questo, dunque, il sistema bancario di New York, Londra, Francoforte non sa nulla e nulla guadagna da queste operazioni sulle quali invece lucrava in precedenza. Bloccare arbitrariamente i 300 miliardi di beni russi è stato un poderoso segnale al Sud Globale per moltiplicare gli sforzi al fine di trovare vie alternative all’attuale sistema. E seppure a gran fatica il sistema comincia a funzionare.
Facciamo un altro esempio: il settore dei semiconduttori.
Gli Stati Uniti e di riflesso anche l’UE è molto attiva nell’imporre divieti di esportazione di componenti elettroniche e di macchinari atti alla produzione di semiconduttori, i così detti “chips”. Questo ha costretto la Cina a correre ai ripari e intensificare lo sviluppo indigeno di questi manufatti. Ma questa è solo una parte della storia. L’altra parte che non sempre viene raccontata chiaramente è che la Cina è la depositaria delle più grandi riserve di materiali che servono per queste produzioni, senza le quali si fermerebbe la produzione mondiale. Si prenda ad esempio il silicio (Polysilicon), che è l’elemento base per la produzione dei “wafer” con i quali si costruiscono i chips; ebbene come si vede dal grafico la Cina è il più grande detentore di tale materiale. 


Nel caso Pechino volesse ridurre le forniture di silicio in maniera selettiva potrebbe mettere in ginocchio numerose produzioni industriali in giro per il mondo. Inoltre, le 5 più grandi fabbriche che producono i “Wafer” sono cinesi.


Ciò che serve alla Cina per migliorare la sua produzione di chips sono macchinari specifici che riescono a ridurre le dimensioni a 3 nano metri. Ma questi macchinari sono sotto embargo. Gli olandesi di ASML sono i più grandi produttori di macchinari per la litografia utilizzate per la produzione più avanzata di semiconduttori. Ebbene gli Stati Uniti hanno imposto a ASML di non esportare i suoi prodotti verso la Cina, che è il suo mercato principale. Così anche per il Giappone. La preoccupazione di questi Paesi è che, se la Cina dovesse, come è probabile che farà, rivalersi con restrizioni similari, sull’esportazione di specifici materiali, alcune produzioni verrebbero colpite in maniera mortale. È il caso di Toyota che privatamente ha fatto sapere che, se l’accesso ad alcuni tipi di minerali, essenziali per la produzione automobilistica, fosse interdetto, ciò potrebbe avere ripercussioni irreversibili sulla produzione.
In buona sostanza mentre noi occidentali siamo distratti ed immobili, gli altri si muovono con un discreto dinamismo. I vari Paesi africani hanno più convenienza a fare affari con la Cina e sempre meno con chi è più propenso a sanzionare e porre tariffe. La cartina mostra chiaramente in rosso l’aumento del commercio degli stati africani con la Cina. 


In Europa siamo ad uno 0,8% di crescita di PIL. La Germania è in recessione. Investiamo poco in ricerca e sviluppo e stiamo perdendo il vantaggio tecnologico che un tempo avevamo. Il costo della nostra energia e più alto che da altre parti. Sempre guardando al “nemico” asiatico (così è ormai considerato a Washington e di riflesso nelle maggiori Cancellerie europee), ogni cittadino cinese consuma energia quanto noi europei; ma la produce ad un costo più basso in maniera più diversificata e soprattutto la trasporta in maniera più efficiente. I colore verde scuro indica costi più elevati.


Quest’ultimo punto è molto importante perché garantisce il trasporto da punti molto lontani dell’energia elettrica prodotta con il solare, eolico, idrico, carbone o petrolio. Questo sistema di trasporto di energia elettrica si chiama: UHV, “Ultra High Voltage transmission”. Un sistema non inventato da Cinesi ma che loro hanno portato ad una notevole perfezione di impiego e soprattutto hanno creato una rete che consente di trasportare energia da dove viene prodotta a dove serve. Ad esempio, se sulla costa est della Cina è già tramontato il sole, sarà ancora possibile impiegare energia solare che proviene dai parchi solari situati nei deserti dell’ovest. Una vasta rete costruita a partire dal 2006 che adesso pone la Cina al primo posto come KM di rete costruita ed in uso. Questo è un ulteriore elemento che rende la produzione cinese più competitiva e che spinge ancora oggi imprese energivore a delocalizzare ad est ed impoverire ulteriormente il tessuto industriale occidentale. 


Le sanzioni in passato potevano avere effetti molto maggiori di quelli che riescono a produrre oggi. È pur vero che vi sono paesi come Cuba che sono sotto sanzioni da oltre 70 anni e pur soffrendo, non hanno cambiato di una virgola le loro posizioni e il loro modo di fare politica. Ma oggettivamente in un mondo dove gli Stati Uniti e l’Europa rappresentavano il 70% dell’economia mondiale, avevano certamente un peso determinante sulle sorti di un Paese che le subiva. Oggi non è più così e si rischia che gli effetti sia più negativi verso i Paesi che le comminano che verso quelli che le dovrebbero subire. La Cina sta imparando rapidamente e così molte altre Nazioni in tutto il mondo.
Ma noi continuiamo a muoverci come se fossimo nel mondo di 30 anni fa.

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Luca Anedda

Luca Anedda

Luca Anedda è nato a Cagliari il 24 Dicembre 1958. Ha conseguito la Maturità Scientifica presso la Scuola Militare Nunziatella negli anni 1973-1977. Entrato in Accademia Aeronautica con il Corso Turbine 3, ha conseguito il brevetto di pilota militare negli Stati Uniti (Columbus A.F.B. Mississippi), al termine del quale è inviato a frequentare il corso di “Fighter Lead in Training” presso la Base Aerea di Holloman in New Mexico (U.S.A.). Successivamente viene assegnato al 5to Stormo di Rimini dove consegue la “Combat Readiness” su velivolo F104 come pilota Caccia intercettore. Dopo aver frequentato la Scuola di Guerra Aerea di Firenze con il grado di Capitano, viene promosso Maggiore ed inviato come Istruttore presso la scuola di volo NATO di Sheppard A.F.B. negli Stati Uniti, dove ricopre vari incarichi di rilievo. Rientrato in Italia con il grado di Tenente Colonnello, nel 1994 ricopre prima il ruolo di Capo Ufficio Operazioni del 5to Stormo di Rimini, e successivamente quello di Comandante del 23mo Gruppo Caccia Intercettori. Nel 1996 entra in Alitalia e diventa Comandante su Velivolo MD80. In Alitalia ricopre anche il ruolo di Quality safety Auditor e svolge numerose audit presso Compagnie come Air China, Kenia Airways. Laureato in Scienze Aeronautiche, è diventato consulente presso G.E.D.A. società di aviazione e consulenza nel settore sia di ala fissa che rotante. Attualmente risiede in Inghilterra ed è Comandante esaminatore di volo presso Stobart air. Ha al suo attivo oltre 16.000 ore di volo di cui 3.000 su velivoli militari. Sposato con Tiziana, ha tre figli: Gabriella, Alessio e Isabella.

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