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Home LA STORIA CHE DIMENTICA

LA STORIA CHE DIMENTICA: ALEJANDRO FINISTERRE

Francesco Bosticco di Francesco Bosticco
15/02/2024
in LA STORIA CHE DIMENTICA
LA STORIA CHE DIMENTICA: ALEJANDRO FINISTERRE
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TE LO LEGGO IO

Cosa potranno mai avere in comune Frida Kahlo, uno strumento per voltare le pagine degli spartiti sul pianoforte e il calcio balilla?

Le vie del caso sono imprevedibili, e ancor più le relazioni: il tassello in comune fra queste storie è Alejandro Finisterre alias Alexandre de Fisterra (al secolo, Alexandre Campos Ramírez), eclettico personaggio galiziano classe 1919, scomparso nel 2007.

Poeta, inventore, editore, a lui la vulgata attribuisce l’ideazione del futbolìn (nostranamente conosciuto come “calcio balilla”).

Vita avventurosa e ribelle, nel difficile periodo della Spagna di inizio XX secolo, tra Guerra Civile, ferite in guerra ed esilio in Guatemala. Eppure, proprio l’esperienza del ricovero nell’ospedale militare a seguito dei bombardamenti di Madrid, lo portò di fronte alla situazione dei numerosi bambini con lui ricoverati, molti dei quali con menomazioni alle gambe. Finisterre, appassionato di calcio, ebbe l’idea di poter consentir loro di giocare di nuovo, anche se privi dell’uso delle gambe, e concepì il futbolìn, sostanzialmente nella forma in cui ancor oggi lo conosciamo.

L’esperienza di bottega con il padre (artigiano calzolaio) e l’aiuto di un amico falegname, gli consentirono di realizzare la sua invenzione, ispirata al tennis da tavolo. Nel 1937 registrò il brevetto a Barcellona, ma durante la rocambolesca fuga per lasciare la Spagna franchista smarrì i documenti. Non ebbe quindi modo in madrepatria di realizzare su scala industriale la sua invenzione (ne approfittò un’azienda di Valencia, senza riconoscergliene i diritti) e dopo una prigionia in Marocco, da cui riuscì a fuggire, emigrò in centroamerica, prima in Ecuador e poi in Guatemala, continuando a perfezionare e, finalmente, realizzare la sua invenzione.

Nel 1954, in seguito al colpo di Stato di Carlos Castillo Armas, fu perseguitato per la sua fede antifranchista, e condannato all’espulsione e all’estradizione in Spagna. Durante il tragitto riuscì rocambolescamente a fuggire e si rifugiò in Messico, avviando una casa editrice e dedicandosi alla poesia, e dove rimase fino alla fine del regime del Caudillo.

E proprio in Messico, nel corso della sua attività di promozione letteraria ed artistica, ebbe modo di conoscere Frida Kahlo, che si invaghì dell’affascinante gallego al quale, anche dal letto in cui giaceva ormai minata nel corpo e nello spirito dalla malattia, dedicò disegni e lettere toccanti, recentemente riscoperte al ritrovamento di un baule appartenuto alla pittrice messicana e sempre ben nascosto al marito Diego Rivera.

Il tema del “voltapagine per spartiti” è già stato toccato in un recente articolo su queste colonne (l’inventore sardo Augusto Bissiri ne brevettò uno), e anche il nostro Finisterre ebbe una simile intuizione.

Ad onor del vero, la paternità del calcio da tavolo non è pacificamente condivisa: anche Francia, Regno Unito e Germania (qui c’è anche un nome, Broto Wachter) si contendono la primazia dell’invenzione: resta ferma la data del primo brevetto depositato, appunto quello di Finisterre nel 1937.

Per la cronaca, il “calcetto” (o “calcio balilla” – nulla a che vedere con il regime…) fu importato in Italia nel 1949 da un imprenditore marsigliese, Marcel Zosso, che impiantò ad Alessandria (anche con la manodopera prestata dai carcerati e il legname fornito da una locale impresa di pompe funebri) la produzione, che vide nel gennaio 1950 la nascita del primo biliardino “made in Italy” a cura di un’azienda tuttora leader internazionale di settore.

Ma leggendo le storie di Alejandro Finisterre, e l’intreccio con personaggi come Ernesto “Che” Guevara, Pablo Neruda, Jean Paul Sartre, Albert Camus, George Orwell, Ernest Hemingway, Pablo Piacasso ed i “nostrani” Palmiro Togliatti e Rossana Rossanda (tutti incontrati e conosciuti dal nostro nelle sue vesti di impresario artistico-letterario e animatore di circoli anarchico-antifascisti), il biliardino si ammanta di fascino ancor più che nei nostri ricordi di bambini con i pantaloni corti, sotto i portici di assolati oratori o nel retro di fumosi bar cittadini o di paese, con accanto un bicchiere di spuma bionda o di chinotto.

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Francesco Bosticco

Francesco Bosticco

Classe 1968, papà, marito, Ufficiale nella Guardia di Finanza, informatico per lavoro e per passione, pilota e sub per hobby, laurea in Giurisprudenza e in Scienze della Sicurezza Economico-Finanziaria. Da Bergamo, dove ho vissuto la giovinezza scolastica, e dove la stessa mi è stata “rapita” con l’ingresso nell’Accademia della Guardia di Finanza nel 1986, ho iniziato il periplo della Penisola con gli incarichi che via via mi sono stati assegnati. Dalla Valle d’Aosta all’Alto Adige, dal Piemonte alla Campania, dalla Puglia alla Capitale fino alla Sardegna dove attualmente vivo, con la crescente responsabilità (il “comando”) di vari Reparti del Corpo. L’organizzazione militare, con tutte le sue deformazioni e rigidità, rappresenta tuttavia un’esperienza altamente formativa, che, soprattutto per la Guardia di Finanza, porta il Comandante a stretto contatto con i collaboratori (in particolare nei Reparti di minori dimensioni), con i quali mangi e vivi nella quotidianità. Questa conoscenza dell’umano, declinato in tutti i dialetti d’Italia, ti fa percepire il Paese come un grande frullatore dove ogni ingrediente apporta un aroma, un sapore, un colore che altrimenti mancherebbe. La passione autodidatta per l’Informatica, coltivata sin dal liceo, ha avuto sfogo professionale nella mia Amministrazione, grazie anche ad una conferenza di Umberto Rapetto, che ci venne ad “evangelizzare” in Accademia. Dopo un bel po’, ho avuto l’onore dell’assegnazione, nel 1999 appunto, al Servizio Informatica della Guardia di Finanza dove, per lunghi e più che soddisfacenti anni, sono stato il responsabile del CED nazionale, in una delicata fase di traghettamento dall’artigianato alla modernizzazione, grazie all’apporto di molti entusiasti giovani e anche di qualche “diversamente giovane” tra i miei collaboratori. Nella mia esperienza IT ho avuto la fortuna di conoscere persone eccezionali e di partecipare ad eventi, anche internazionali, di grande spessore, anche come panelist. E qui su GIANO.news me ne ritrovo pure alcuni!

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