Nel magico scenario del Qatar 2022, con trecento miliardi di dollari investiti e un sostegno finanziario cinese che batte ogni record, oltre ai Mondiali di Calcio il mondo ha assistito a uno spettacolo di portata globale messo in scena a Doha, ovvero: la lotta tra privacy e sicurezza nell’era delle tecnologie avanzate. E questa non era una partita da prendere alla leggera.
Ma facciamo un piccolo passo indietro per arrivare alla prima metà dell’800, quando Alexis de Tocqueville, il famoso filosofo politico, ci offriva una dotta dissertazione dal titolo “La Democrazia in America” aprendo così un visionario e attualissimo dibattito sul fronte del complicato rapporto tra libertà individuale e necessità di un governo forte, per garantire l’ordine e la sicurezza.
La tranquillità collettiva è l’innegabile pilastro fondamentale di qualsiasi società civile e la protezione dei cittadini da minacce esterne e interne è una priorità incontestabile. Ma cosa succede quando avanzate tecnologie come il Facial Action Coding System, la Realtà Aumentata e l‘Intelligenza Artificiale si uniscono alla festa? E a quale costo?
Pensiamo a “Lie to Me”, la fortunata serie TV in cui un esperto di linguaggio del corpo smaschera criminali bugiardi, utilizzando magistralmente le tecniche di riconoscimento delle espressioni facciali realmente messe a punto da Paul Ekman negli anni ’70 (FACS – Facial Action Coding System).
Ebbene, quelle conoscenze sono state oggi trasformate in tecnologia, dando vita a sistemi di controllo come quelli adottati appunto nei mondiali di calcio in Qatar dove otto stadi sono stati costantemente sorvegliati da 22.000 telecamere dotate di riconoscimento facciale. Si è dato vita così a un sofisticatissimo ecosistema di intelligenza artificiale, al centro del management della sicurezza generale e dell’antiterrorismo, coordinato da un Centro di Comando in grado di monitorare praticamente tutti gli eventi in tempo reale.
Ma nonostante l’innegabile efficacia di queste tecnologie, possono sorgere legittime preoccupazioni sulla nostra privacy in questo nuovo mondo di sorveglianza avanzata. L’equilibrio fragile tra sicurezza e riservatezza attiva infatti una complessa serie di riflessioni e dibattiti di natura etica, dato che le imponenti misure che abbiamo appena descritto sono solo un esempio di un trend che si sta sviluppando in questo pianeta sempre più digitalizzato. Innanzi a tale scenario, come possiamo trovare il giusto equilibrio tra il nostro bisogno di sicurezza e il diritto alla nostra privacy?
Le leggi e le regolamentazioni dovranno con tutta probabilità adattarsi a questa nuova realtà tecnologica, bilanciando la protezione della privacy individuale con la necessità di preservare la sicurezza e l’ordine pubblico. Il nostro futuro, sia sul campo da calcio che nella nostra vita quotidiana, dipenderà dalle scelte che faremo in merito a questi temi profondamente radicati nella nostra esistenza.
Vero è anche che l’eccesso di leggi a favore della protezione della riservatezza, potrebbe alimentare quelle rigidità burocratiche capaci di produrre ostacoli alla capacità di indagine delle forze dell’ordine e far scivolare così in secondo piano la sicurezza collettiva, rispetto alle super tutele della privacy individuale.
L’interrogativo rimane dunque aperto e in questo intricato labirinto, dove ogni nostro passo è scrutato da occhi che alimentano algoritmi che divorano dati biometrici, cerchiamo di trovare il giusto equilibrio tra il legittimo bisogno di sicurezza e il diritto alla nostra intimità. Qui, l’antica saggezza ci ricorda ancora una volta che la libertà e la sicurezza sono come i due lati di una stessa medaglia: inseparabili, ma in costante bilico.
Mentre avanziamo in questa sfida, continuiamo a riflettere sulle parole di Tocqueville e sul destino delle nostre libertà in questo mondo che, sempre più, consegna le nostre vite e i nostri diritti alla tecnologia.