Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost (nato a Chicago il 14 settembre 1955), negli ultimi giorni ha pronunciato parole ferme e chiare contro le guerre in atto, in particolare per le più sanguinose a Gaza ed in Ucraina.
Anche complice lo scellerato bombardamento di una chiesa cattolica a Gaza, il Sommo Pontefice non ha certo lesinato nell’esprimere il proprio disappunto per le lente, inesorabili, piccole stragi quotidiane. Se il Padre Nostro recita: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, qualcuno lo ha mutato in dacci oggi la nostra strage degli innocenti quotidiana.
Benjamin Netanyahu, detto Bibi, forse per renderlo simpatico come un personaggio di un cartone animato, ha detto che colpire una chiesa è stato un errore. Strano non abbia riciclato un vecchio modo di dire: “i sassi ed i proiettili non hanno occhi”. I carri moderni hanno precisissimi sistemi di puntamento. Forse non ha mai letto, o non ricorda, il detto: “colpirne uno per educarne cento” attribuito alle Brigate Rosse e da alcuni a Mao Zedong. A parte la paternità delle parole sembra che Bibi abbia letto al contrario: “colpirne cento per educarne uno”.
Papa Prevost ha affermato: “il mondo non sopporta più le guerre”, “occorre superare le ostilità tra popoli e religioni”, “il perdono è l’unica via per la pace”, “si deve superare la barbarie della guerra”, “no a punizioni collettive e spostamenti di popolazioni”. Tradotto: no a deportazioni e no a “colpirne cento per educarne uno”. Non ultimo Papa Leone XIV ha definito le guerre “inutili stragi”. Per inciso si rammenta che i conflitti al mondo sono quasi cinquanta; quasi tutti dimenticati ma non per questo non sanguinosi e non latori di odio.
Viene alla mente la figura di Papa Benedetto XV il quale rimarcò, in piena Prima Guerra Mondiale, il senso di stanchezza del conflitto nella Nota dell’1 agosto 1917, una lettera ricordata per aver definito la guerra “inutile strage”. A lui sembra sia attribuibile la definizione della Prima Guerra Mondiale: un “suicidio dell’Europa civile”. La Nota ebbe una larga eco nel mondo e nell’Impero asburgico che più di tutti soffriva alcune problematiche sociali. Si erano verificati numerosi casi di morte per fame, aumentavano le pressioni separatiste, i generi di prima necessità iniziavano a scarseggiare anche nella ricca Ungheria, il socialismo ingrossava le proprie fila, le aspirazioni territoriali italiane erano un ostacolo alla pace, l’Esercito risentiva della propaganda anarchica e repubblicana.
Papa Benedetto XV, nato Giacomo Paolo Giovanni Battista, marchese della Chiesa (1854-1922) fu un deciso oppositore della Prima Guerra Mondiale. Fu eletto Papa poche settimane dopo l’inizio della Prima Guerra Mondiale. Probabilmente la situazione bellica favorì la sua figura, avendo lavorato nella diplomazia con vari Segretari di Stato. Nel corso della Prima Guerra Mondiale elaborò diverse proposte di pace. Nella sua prima enciclica, Ad Beatissimi Apostolorum (1 novembre 1914), si rivolse ai governanti delle Nazioni per far tacere le armi e porre fine allo spargimento di sangue. Con l’entrata in guerra dell’Italia, la Santa Sede, di fatto chiusa e prigioniera in Vaticano, rimase ulteriormente isolata a causa della partenza degli Ambasciatori degli Stati in guerra contro l’Italia. Benedetto XV non poté far altro che constatare l’allargamento del conflitto, l’incremento dei morti e delle distruzioni. Nel corso degli eventi bellici non smise mai di inviare proclami per la pace e per aprire canali di dialogo diplomatico, oltre ad elargire aiuti concreti alle popolazioni civili colpite dalla guerra.
Papa Leone XIV si trova in situazioni non troppo dissimili. Purtroppo le parole di un Sommo Pontefice rimangono inascoltate da troppi ma nulla toglie allo loro verità e profondità, al di là del credo religioso. Tutti i Capi di Stato e di Governo le elogiano ma nei fatti le ignorano.
Per capire l’animo umano risentiamo un celebre monologo di Alberto Sordi tratto dal film “Finché c’è guerra c’è speranza”.