Si è convinti di governare ubriacando la gente di promesse che non si possono mantenere e iniettando odio nei confronti dei più deboli. Prima si fa balenare un orizzonte in cui tutto va meglio, poi – ben conoscendo l’assoluta irraggiungibilità di certi entusiasmanti illusori traguardi – si additano i poveracci come colpevoli del malessere nazionale.
Non parliamo del piano di lavoro di una sezione del Ku Klux Klan, ma delle terribili sensazioni che vive chi – in questo Paese derelitto – ancora ha un cuore ed un cervello. Cavalcare la rabbia della gente è mestiere di chi ha scambiato la politica per un rodeo e sa che basta poco per guadagnarsi la simpatia popolare: prendersela con gli immigrati (dimenticando quando erano i nostri nonni a interpretare quell’impegnativo ruolo sul palcoscenico di mezzo mondo) e confondere il significato del termine più abusato di questi ultimi anni, “patriota”.
Una missione senza dubbio difficile, ma non difficile.
Si comincia scegliendo plotoni di adulatori con cui formare reggimenti di pretoriani a difesa del presidio conquistato, eliminando i simpatizzanti pensanti e poco ubbidienti, serrando i ranghi con personaggi che non sfuggono a critiche e dubbi, imbavagliando i giornalisti e valorizzando gli strombazzatori di “veline”.
Mentre si parla di nuovo Rinascimento, si assiste al più ignobile tracollo della credibilità istituzionale. La cronaca è impietosa e i mass media – pur addomesticati – non riescono ad evitare il racconto di inqualificabili episodi che certo non sono meritevoli di plauso.
La condanna di altri due carabinieri nella scandalosa e imperdonabile vicenda Cucchi sveglia le coscienze sul doloroso tema dei depistaggi, lo stesso argomento che anima la curiosità su via D’Amelio e su tante e troppe altre pagine della recente storia italiana.
La sbalorditiva dimostrazione di incapacità investigativa nel delitto di Garlasco va oltre i limiti della decenza e spinge a chiedersi come si sia riusciti a confezionare una simile ricetta di inattendibilità.
Ci si nasconde abitualmente dietro l’affascinante eufemismo “cold case”, con cui si etichetta la clamorosa e sconfortante incapacità che ha marchiato a fuoco le indagini in molti procedimenti penali che hanno catalizzato l’attenzione di tutti.
Come può un cittadino avere ancora fiducia nelle istituzioni? E se ci riesce, perché non spiega alla collettività il segreto di un eventuale atteggiamento fideistico?
E allora scattano nuovi impegni, ennesime rassicurazioni, ulteriori garanzie che adesso le cose cambieranno.
Nel frattempo la triste sorte di Chiara Poggi aiuta a passare l’estate senza pensare se a settembre riapriranno le fabbriche e se domani ci is potrà ancora permettere il lusso di fare il pieno di carburante o banalmente avere ancora quattro soldi per fare la spesa.
Ma – ed è questa la narrazione che più piace – la colpa è delle persone di colore e di quelle omosessuali, delle “zecche comuniste”, del cachemire indossato a Capalbio anche nella stagione estiva…
Accontentiamoci di pestaggi e depistaggi, di perquisizioni e raccolta di prove fatte trent’anni dopo. Volendo possiamo pure discutere del caldo estivo, dei rapporti privilegiati con gli Stati Uniti di cui abbiamo capito la strategia da “vu cumprà”
L’importante è restare convinti che “la gente è con noi”, Anzi, “la ggente sono con noi”.