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LAVORARE IN ITALIA? NO, GRAZIE. PER 19 BUONE RAGIONI

Nunzio Tenore di Nunzio Tenore
17/02/2023
in ECONOMIA
LAVORARE IN ITALIA? NO, GRAZIE. PER 19 BUONE RAGIONI
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TE LO LEGGO IO
  1. Il mercato del lavoro in Italia era il più rigido, è diventato il più deregolato del mondo. Questa deregulation ha come madre la legge delega del 2003, detta legge Biagi, varata in risposta alla richiesta di “flessibilità in entrata”. Curiosamente, questa legge deregolante si presenta con l’aspetto di una rigida e ubriacante regolazione: ha previsto un mare di nuovi contratti subordinati, come i co.pro(contratto a progetto), la somministrazione di lavoro , il contratto di lavoro ripartito, intermittente, accessorio e occasionale; ha modificato il contratto di apprendistato, introdotto procedure di certificazione nonché la “Borsa continua nazionale del lavoro“, ossia un luogo di incontro fra domanda e offerta di lavoro. Capite da soli, una follia. A distanza di tempo, sono stati rilevati gli effetti: nessun incremento dell’occupazione maschile, aumento di quella femminile (come a dire: licenzio papà e la famiglia la mantiere mamma a metà salario). Nessun effetto sull’occupazione al Sud. Quella legge è targata Lega / Berlusconi. Evidentemente piccati, i PDS / DS / PD si sono ritirati sull’Aventino e mai più occupati di lavoro (tranne Renzi con il Jobs Act, ma Renzi sappiamo è un genoma a parte).
  2. Tirato il fiato dopo questa sparata iniziale, il mercato italiano è il meno retribuito d’Europa. Siamo gli unici ad avere perso salario reale in 30 anni. Di flessibilità sul lavoro si è parlato da sempre, ma con dei paletti (chiari obiettivi e mansioni) e contrappesi: il lavoro a termine deve essere pagato di più per scontare l’incertezza e le contribuzioni autonome. Qui è pagato di meno: non hai trovato un posto fisso ? Vuol dire che sei uno sfigato e allora che vuoi ?
  3. La scolarità più alta diventa un ostacolo e non un plus per trovare lavoro. Nulla aggiungo.
  4. Tutto bene, ok, ma allora come la mettiamo che l’Italia sforna laureati alla metà rispetto ai paesi nordeuropei ? Dov’è quella bella mandria di ignorantoni a fare i conti con il pallottoliere ? Disoccupati anche loro.
  5. Gli addetti all’informatica in aziende di produzione e servizi sono l’1% della forza lavoro. Avete letto bene, uno.
  6. La sindacalizzazione è la più rigida, ha il suo apogeo nella Pubblica Amministrazione (lo Stato carogna), e conseguentemente è tutta orientata a meno orario reale, a recuperi festività e soprattutto a combattere i famigerati livelli di servizio, che dovevano essere un fiore all’occhiello della deburocratizzazione. Un passaporto a fine anni 90 ? Una settimana. Oggi ? 1-2 mesi (ma c’è l’appuntamento garantito, via).
  7. Un’oasi nell’oasi è la scuola: le rivendicazioni studentesche del secolo scorso sono passate come filarini di gioventù. La “modernizzazione” della scuola è rimasta: settimana corta, diritto al trasferimento, pendolarismo anche Napoli-Milano se è il caso. Ci provò a cambiare Renzi (vale quanto sopra) con il Preside-CEO. Sappiamo come andò, fu messa a ministra una ex CGIL, che volete? Con la fantasia al potere, un bidello vi seppellirà.
  8. Abbiamo, e qui c’è poco da scherzare, i più alti tassi di infortuni e morti sul lavoro, e questa è veramente una buona ragione per non lavorare da noi. Mettete gli ispettori ! E allora concorsi d’urgenza, poi mesi per fare la formazione e alla fine mancano le automobili. Vuoi mandarli per cantieri, malghe, angiporti con i mezzi loro? Le macchine non erano a budget. A moglie e figli di un operaio schiacciato fa più danno Messina Denaro o questi irresponsabili burosauri ?
  9. Spendiamo nella scuola per formare i migliori e farci guidare da loro a migliorare, o per mandarli in Germania a guadagnare il triplo che da noi (se da noi trovano, beninteso) ? Nella scuola spendiamo solo per dare uno stipendio di cittadinanza al personale. Quindi chi lavora per mangiare vada all’estero.
  10. Il mercato del lavoro è monopsonistico. Come nella grande distribuzione (i supermercati), è il compratore (Carrefour o un qualsiasi datore di lavoro) che fissa il prezzo, prendere o lasciare. Fanno sorridere le preoccupazioni degli uomini di Risorse Umane americani: attrarre e trattenere i migliori, Biden che dice: pay them more. Qui da noi è tutta una mentalità stravolta: da noi il lavoro non si negozia, si elargisce, così ecco gli stage gratis o a rimborso spese, per “fare curriculum”. Pensate agli editori: ingrato quell’ autore che parla male del proprio editore. In realtà è l’editore che guadagna sul talento di chi scrive per lui. Ma, ripeto, qui vige una mentalità stravolta.
  11. Il mercato del lavoro è corporativo. Chi “arriva”, per prima cosa si adopera affinchè non arrivi nessun altro (sindrome del predellino di Fantozzi: chi è riuscito ad attaccarsi alla disperata al bus scalcia per non fare salire gli altri).
  12. Nepotismo, università vorace e fancazzista, baronie. E gli ascensori sociali ?
  13. Imprenditoria giovanile intesa come caricatura del posto fisso. I giovani alla Steve Jobs avevano il loro garage e quando partorivano una buona idea erano le banche ad andare a cercarli. Mi capitò di fare due conti per una di queste nuove minchiate, call, seed, incubatori, smart&start, spin-off, roba mezzo UE, mezzo sgabuzzino di ministero: l’obiettivo per un giovane geniale è, anticipando costi, rischiando, dissanguando papi e mami, arrivare a regime a 60k lordi e stop, sperando che poi la banca conceda il mutuo casa su quelle fondamenta periclitanti. Non è un caso che nel mondo dei finanziamenti e dei fondoperduti gli unici veri esperti siano i professori universitari.
  14. E quindi chiunque entra nel mondo del lavoro deve continuare a contare sulla famiglia. Il contrario di quello che volevo fare e ho fatto io. Anche in America ci si indebita per pagarsi studi più blasonati ma si indebita il giovane e ripaga i debiti con i primi anni di lauto stipendio in rapida crescita. Da noi c’è l’assalto a TFR e pensione del padre, si insinua mellifluamente: ha finito di pagare casa, faccia conto di avere altri 3 anni di mutuo, che sarà mai? Sua moglie voleva fare i pavimenti nuovi? Adesso ha capito perché sul lavoro le pagano di meno …
  15. Non si apre a professionalità e competenze nei settori culturali e turistici. Ci si riempie la bocca dello STEM per le ragazze ma nessuno dice: sforniamo archeologhe, storiche dell’arte, restauratrici, esperte del territorio, del folklore, della storia musicale. Continuiamo a produrre professoresse di grammatica e algebra, accompagnamo le loro immediate gravidanze, le 104, gli avvicinamenti. E intanto se vogliamo visitare le cisterne romane di Cuma la guida stampata recita: fatevi aprire da Donna Concetta che abita di fronte.
  16. Il saldo tecnologico del Paese è sempre più deficitario. Ci avevano promesso che la tecnologia avrebbe non eliminato ma incrementato un lavoro di livello più alto. Palle: l’intelligenza artificiale, il machine to machine, le auto senza autista … Il mondo va verso un definitivo disaccoppiamento tra reddito indispensabile per consumare e lavoro. L’approccio razionale sarebbe, come sperimentano nei paesi illuminati, reddito a tutti. Noi invece siamo ISEEcratici e poi ci arrapa vedere all’opera furbi e furbetti. Le tavole degli stranieri sono sempre meno piene di nostre eccellenze culinarie, plagiate nell’indifferenza delinquenziale della UE, mentre i nostri tavoli sono sempre più pieni di tecnologia straniera. Scivoliamo verso il modello di un paese di puri consumatori, tipo Brasile del secolo scorso, così che qualcuno, una signora tedesca, dice: fermi tutti, a Roma hanno scambiato la pandemia per un bengodi di debito pubblico e non vedono il burrone in cui stanno finendo, diamogli 200 miliardi o non venderemo più una BMW o un inverter fotovoltaico o un fertilizzante. E adesso chi ci difenderà, cara Anghela, dall’assalto finto-green al nostro abnorme patrimonio immobiliare privato, le nostre case e appartamenti? Se in un’economia si iniettano 200 e fischia miliardi non è lecito aspettarsi un piano che li trasformi in tot posti di lavoro a tempo indeterminato? Dopo la pandemia, in Spagna è aumentato del 50% quel tot, da noi avanti a bonus, mancette, elemosine. E poi diciamo che il lavoro è l’emergenza n.1.
  17. Questa la saltiamo, il numero porta scalogna e direi che non se ne sente il bisogno.
  18. Disoccupazione e sboom demografico. Nessuno ha finora unito i puntini di queste due locuste bibliche. Non lo farò neanch’io. Sotto il sasso, una pietra preziosa o un serpente a sonagli?
  19. Il sorvolo. Così chiamò anni fa De Rita l’atteggiamento di distacco dalla realtà, di testa sotto la sabbia, il rifugiarsi nel passato di Facebook dei nostri quarantenni. E ora arriva questo tam-tam di emergenze, dall’una all’altra senza soluzione di continuità: ormai la gente alza le spalle, se ne sbatte, la CO2 ? le auto elettriche ? i cappotti termici ? un nuovo virus ? la guerra atomica ? Ci penserò domani, diceva Rossella O’Hara.

Madamina, il catalogo è questo. Un saluto.

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Nunzio Tenore

Nunzio Tenore

Ingegnere meccanico, studi classici, 38 anni di esperienza in Information Technology, CIO in vari gruppi multinazionali tra cui Montedison Erbamont, Gruppo GFT, Blu; consulente informatico presso PMI e presso Poste Italiane. Ha ricoperto, dal 2010 al 2014, la responsabilità tecnico-informatica dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (oggi ARERA). Ambassador di Sapienza Innovazione (Università La Sapienza Roma). Autore di pubblicazioni sui temi ICT, Energia. Advanced Manufacturing e Aerospaziale. Ufficiale al Merito della Repubblica.

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