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BONUS BICI: ANCHE IL SISTEMA INFORMATICO E’ “A PEDALI”….

di Umberto Rapetto
04/11/2020
in EDITORIALI
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I casi sono due. O i “click day” portano sfiga, oppure chi li organizza è incapace a realizzare le imprese epiche che strombazza.

Certi eventi sono la consacrazione dello status di totale inefficienza della tanto decantata Italia ad elevata informatizzazione di cui vanno orgogliosi la Ministra Pisano, il suo relativo codazzo di mirabolanti e ben retribuiti esperti, i diversi boiardi di Stato che a turno cercano visibilità con qualche affermazione, i manager delle varie realtà di volta in volta esposte al pubblico ludibrio per il flop di turno.

La situazione è talmente disastrosa da mettere in difficoltà anche i più caustici commentatori. La “pietas”, si sa, gioca un micidiale ruolo frenante ma anche la sovrabbondanza di elementi catastrofici lascia chi scrive nell’imbarazzo della scelta del da dove cominciare.

Le code interminabili fotografano in maniera inequivocabile una inidoneità nazionale all’evoluzione tecnologica che trova radice e si sviluppa in tutte le fasi di questo reiterato Golgota in cui a portare la croce sono indistintamente tutti i cittadini accecati dall’illusione che tutto funzioni così come a loro è stato raccontato. Dovrebbero essere setacciate le fasi che portano al climax dell’inevitabile “flop”: l’ideazione, la progettazione, la realizzazione, la verifica di funzionalità, il riscontro alla tolleranza del carico di traffico cui i server saranno sottoposti, l’accertamento dell’efficienza e dell’efficacia dei “servizi collaterali”…

In un Paese in cui abbondano le task force e le commissioni parlamentari di inchiesta viene da suggerire l’istituzione di un gruppo di lavoro mirato ad approfondire l’affaire del ciclico “click day” che ogni volta espone le istituzioni al pubblico ludibrio.

I più arguti ritengono che il fenomeno sia solo una coraggiosa manifestazione di profondo attaccamento alle tradizioni. Quindi la spiegazione dell’ennesimo evento sarebbe il desiderio di non troncare il periodico ripetersi di “figure ‘e niente” o “figurelle” (le accezioni partenopee sono d’obbligo per evitare un turpiloquio sarebbe fin troppo scontato….) che caratterizzano in modo inconfondibile l’identikit tricolore nello scenario hi-tech.

Il “palmares”, che continua ad arricchirsi, parte da lontano. Senza enumerare impietosamente i problemi dell’Anagrafe Tributaria e delle connessioni impossibili per contribuenti e commercialisti, viene subito in mente il “click day” organizzato dall’INAIL per il 12 gennaio 2011. La paralisi totale dei sistemi informatici dedicati allo scopo inchiodò chi rincorreva il sogno di ottenere una piccola porzione dei 60 milioni di euro di finanziamenti destinati alle imprese per progetti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

E’ poi indimenticabile il black-out del portale Invitalia a settembre del 2013 per il “click day” all’avvio del bando “Smart & Start” per la concessione di agevolazioni alle start-up innovative del Sud Italia.

Negli anni si sono susseguiti insuccessi epocali e l’apice è stato toccato il primo aprile scorso con l’INPS e lo straordinario ed ineguagliabile #INPSdown realizzato solo grazie alla fattiva cooperazione di Leonardo, Microsoft, IBM e altri attori di minor calibro. 

Ancora due settimane fa si era potuto assistere ad una spettacolare performance negativa di questo genere di attività grazie al “click day” per l’ottenimento del bonus destinato dalla Regione siciliana alla concessione di contributi a fondo perduto alle microimprese dell’Isola danneggiate dal lockdown. Il flop – attribuito a responsabilità tecniche di TIM – è stato un ulteriore passo verso il baratro dell’apparato pubblico, poco importa se locale o nazionale.

Tridico – stavolta spettatore e forse in veste di nume tutelare dei pensionati sopravvissuti alla loro epurazione auspicata da Toti – probabilmente propende per attribuire ogni colpa agli immancabili hacker (magari gli stessi che infastidiscono la piattaforma Rousseau ogni qual volta la base grillina vorrebbe venisse assunta una decisione non gradita da Casaleggio).

C’è già chi crede di sentire la voce degli inossidabili complottisti pronti a tirare fuori la storia del laboratorio cinese (sì, lo stesso che ha creato e sparpagliato il coronavirus) che da anni sarebbe impegnato a far fallire i “click day”.

Sbaglierebbe quindi chi addebita a SOGEI, a Poste Italiane (costrette ingiustamente a chiedere scusa tramite Twitter….)o al tanto agognato SPID (su cui fa perno la rivoluzione digitale della Ministra Pisano) la colpa del “fattaccio”.

Gli emuli dei Brutos che siedono nei consigli di amministrazione delle realtà private coinvolte e quelli che rivestono incarichi istituzionali connessi alla vicenda hanno “sempre una buona cera, ottima direi”. Dopo il clamoroso risultato è bene pertanto che non vengano redarguiti e men che mai rimossi. Anzi, quasi quasi, io li premierei per l’indomito ardimento…

Nel frattempo sono a dir poco sconfortanti le parole del ministro dell’Ambiente Sergio Costa che – smentendo sostanzialmente la procedura di aggiudicazione attraverso la corsa via Internet – asserisce testualmente “Io invito tutti a entrare nel sistema anche con calma, anche nei prossimi giorni”. La dichiarazione arriva dopo che centinaia di migliaia di persone hanno buttato via una giornata a fare virtualmente a gomitate online per mettersi in cosa e “non perdere la priorità acquisita” come si sente dire dai sistemi automatici di risposta telefonica.

Se, come il ministro in persona sostiene, è vero che “tutti coloro che hanno una fattura o uno scontrino parlante al 2 novembre saranno rimborsati” perché è stato organizzato il “click day” e si sono spinti gli italiani “l’un contro l’altro armati” per arrivare prima in questa inutile competizione? Perché invece di privilegiare i “più veloci sul web” non ci si è orientati a dare il bonus a chi per difficoltà economiche e sociali ne aveva maggiore necessità?

Considerato che un disastro di questa portata non è stato certo realizzato gratuitamente da chi è riuscito in cotanta mirabilia, è lecito che pedoni ed automobilisti abbiano la curiosità di sapere quanto è stato speso per quella che Fantozzi avrebbe etichettato come “una cagata pazzesca”?

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Umberto Rapetto

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